
TRAMA
Occhio per occhio ad Istanbul. L’ex agente della CIA Bryan Mills subirà la vendetta del padre di uno degli albanesi uccisi nel primo capitolo. Imprigionato con la moglie, sarà salvato dall’incredibile talento della figlia.
RECENSIONI
Una piccola premessa doverosa e onesta: il sottoscritto si dissocia dalla demagogica polemica che vuole Io vi troverò et affini come il sintomatico trionfo della xenofobia, del fascismo d'Oltralpe e di tutta una serie di epiteti che, per dirla francamente, mostrano quanto siano imperanti certi filtri nel giudizio comune, così riduttivi da scadere nella faciloneria. Taken, come d'altronde From Paris To Love, entrambi scritti da Luc Besson e diretti da Pierre Morel, rappresentano la ludica catarsi dell'uomo occidentale, ne sposano la natura violenta da animale sociale vendicativo e iperbolicamente paranoico. Ci pensa poi il genere con la sua spudoratezza action a legittimare (senza presunzione ideologica) un lato oscuro e imbevuto di manicheismo, così beffardo nella sua causalità da ridicolizzare il concetto stesso di politically correct. Un ex agente della CIA Bryan Mills incarna in modo palese la maschera ipocrita del buon padre di famiglia, vittima della sfiducia verso l'altro (lo straniero) e verso le istituzioni, capace di amare e di proteggere il suo privato, solo ed esclusivamente facendo quello per cui è sempre stato portato: Uccidere. E non è un caso che proprio l'esasperante paranoia del controllo, dell'individualismo più radicale, dell'autoassoluzione della violenza, si sposino perfettamente con ciò che oggi giorno è un manifesto esistenziale. Dobbiamo sguazzare dentro quell'intrattenimento che ama autogiustificarsi in nome della finzione, dentro la provocazione di una retorica estrema che non ci rassicura con la sua contemplazione distaccata, ma ci obbliga ad immergerci in maniera acritica.
Veniamo ora al secondo capitolo di una saga che, a quanto dice il botteghino, potrebbe andare avanti fino a quando le articolazioni di Liam Neeson lo permetteranno.
Il testimone è passato da Moriel a Megaton (autore di Colombiana e Transporter 3) che punta immediatamente su un mood molto più autoironico e forse, proprio per questo, eccessivamente esibito nell'opporre il patinato e illusorio ricongiungimento affettivo a Istanbul con la vendetta del clan albanese. I ruoli s'invertono e tocca alla figlia liberare il padre, improvvisando una Mission Impossible (come la piccola Fantoma(s)tica Cataleya in Colombiana) che tra un gps sostituito da granate, divertiti sfottò verso la seriosità del Drive di Refn, prestazioni automobilistiche alla Hot Wheels, può finalmente superare il vecchio trauma del rapimento. Il tutto grazie a quei cattivi che diventano oggetto funzionale e opportunistico per rendere saldo e sano (?) un nucleo famigliare altamente problematico ma, guarda caso, in piena sintonia con il nuovo gioco al massacro (buon sangue non mente). Inevitabile l'integrazione, come inevitabile sarà la giustificazione e lo smantellamento delle ragioni del nemico (anch'esso padre, anch'esso desideroso di vendetta) in virtù di una divertita tutela del proprio privato, dove tutto è lecito, anche la turtura (cfr Io vi troverò). Vivi e (non) lascia(re) vivere. Gli altri per l'appunto.
