TRAMA
Quattro storie, padri e figli, carriere differenti. Il petrolio e l’intrigo quotidiano.
RECENSIONI
Il cinema americano dei giovani (o recenti) registi sembra prediligere, per motivazioni tutte da indagare, l'attenzione politica come tema attorno al quale costruire le proprie figure di autori. Nel giro di meno di un anno (prima, ad esempio, The Machurian Candidate) ci sono stati Good Night and Good Luck, Jarhead e, per l'appunto, Syriana opera d'esordio di Stephen Gaghan noto finora soprattutto per essere stato lo sceneggiatore (e premio Oscar) per Traffic di Soderberg con cui quest'opera condivide molte scelte strutturali – e pure parecchie semplificazioni ideologiche.
Preceduto, negli USA, da un lunghissimo lancio pubblicitario che ha visto coinvolte le star (Clooney soprattutto), l'autore del romanzo adattato Robert Baer (“See No Evil: The True Story of a Ground Soldier in the CIA's War Against Terrorism" ) ed il regista, Syriana sembra raccogliere, date le opzioni di rappresentazione scelte, almeno due tradizioni d'oltreoceano, quella del reportage giornalistico televisivo e quella fanta-politica, di grande successo negli anni '60 e '70, senza esaurirsi però in questi. Dal primo -attraverso la successiva trasformazione nel documentario / pamphlet – derivano le scelte più propriamente legate alla rappresentazione, l'uso della macchina a mano, il pedinamento dei personaggi, le immagini di repertorio (in fondo il concetto di camera stylo è ancora vivo), in definitiva la militanza come espressa anche nella lunga campagna pubblicitaria di cui si diceva. Dall'altra parte, il fanta-political-thriller, le scelte strutturali, il policentrismo narrativo, il tema del complotto (ma, qui, tolto ogni mistero ossessivo), la solitudine dei protagonisti. Certo il periodo storico è differente, la Guerra fredda, il timore della Distensione che avrebbe potuto liberare cellule maligne, sono ben lontani e gli scandali internazionali come il proliferare delle inchieste giornalistiche hanno, in qualche perverso modo, reso alla portata di tutti la paranoia dei legami occulti in cima alla piramide del potere, ora, qualcuno ancora se ne stupisce?, nelle salde mani dell'economia. Gaghan-sceneggiatore identifica quattro nuclei caratterizzati da tematiche simili (fino al parallelismo didascalico): i rapporti padre-figlio, il lavoro, la presa di coscienza dell'impegno politico personale. Questi bracci del teorema, oltretutto subiscono dinamiche molto simili quanto a suspense e ricorrenze drammatiche, senza scampo è la scrittura e cozza curiosamente con la scelta della macchina a mano che, aderendo alla soggettività percettiva del momento e/o del personaggio, vorrebbe la verità essere meno schematica di quanto le parole facciano credere.
Lo scacco dell'intero progetto è davanti agli occhi, Gaghan almeno ci risparmia la captatio credulitas alla Spielberg e relega in excipit, come da tradizione consolidata, l'appiglio che tutto dovrebbe aggiustare: i fatti qui rappresentati sono basati su fatti realmente accaduti (etc). Ma non si scappa dal semplicismo retorico con la bontà d'animo, la poca tecnica di Gaghan è aiutata sì da una certa partecipazione attoriale ma non fa che costringere al rimpianto dei bei tempi andati in cui l'allusione (Perché un assassino, I tre giorni del Condor, Sette giorni a Maggio, Va' e Uccidi) o i fatti (Tutti gli uomini del presidente, Insider -citato a Beirut) puntavano alla pregnanza del dettaglio, ad un'economia drammatica funzionale e non solo sterilizzata da parallelismi ed abbozzi. O forse dovremmo ancora essere colpiti da ipotesi (realistiche) di complotti ed accordi che , in definitiva, colpisono il consumatore/ilpopolo/l'individuo?
Il titolo, Syriana, si può riferire da un lato alla cosiddetta pax syriana che ha (eufemismo) placato le sommosse in Libano quanto ad un progetto di nazione creata artificialmente per gestire territori altrimenti avversi, così stando a Robert Baer (che ha un cameo nel film) in un'intervista alla National Public Radio ed a quanto si dice nel sito ufficiale
.
