Gianluca Gigliozzi ci presenta il suo saggio dedicato a Jean Marie Straub e Danièle Huillet edito per le edizioni Falsopiano.
In questa breve monografia mi occupo dell’opera cinematografica di Danièle Huillet e Jean Marie Straub, dagli inizi della loro carriera (Machorka Muff, 1962) all’ultimo film girato insieme, Quei loro incontri (2006); tralascio dunque l’opera di Straub dopo la morte della moglie. La domanda da cui parte il libro è: chi sono o chi sono stati per il cinema e per la cultura degli ultimi cinquant’anni Danièle Huillet e Jean-Marie Straub? Tento di rispondere illustrando una situazione paradossale. Chi non li conosce può ritrovare i loro nomi citati e discussi in tutte le più serie storie del cinema, e perfino in testi di teoria ed estetica cinematografica, eppure potrebbe meravigliarsi nel constatare al tempo stesso come la maggior parte dei cosiddetti appassionati di cinema ne ignori l’opera e persino l’esistenza, il che è in parte anche dovuto al fatto che i loro film non sono stati effettivamente distribuiti nei normali circuiti delle sale cinematografiche nazionali (possono essere al limite “scovati” solo nelle rassegne di alcuni cinema d’essai, di festival o magari in televisione, a tarda notte). Chi non li conosce, d’altronde, potrebbe per di più sorprendersi venendo a sapere che nel vasto insieme dei cinefili si distingue un piccolo sottoinsieme formato da persone che invece conosce parzialmente (e di solito superficialmente) il loro lavoro, e che proprio per questo lo rifiuta, etichettandolo sdegnosamente come non-cinema, anti-cinema, ecc… Eppure chi non conosce i film degli Straub potrebbe forse sorprendersi perfino di più nel venire a sapere che esiste un sottoinsieme ancor più ristretto di cinefili che invece conoscono i loro film da cima a fondo, e li adorano ad oltranza, tanto da considerare i due coniugi dei maestri assoluti, e al punto da sostenere che nel desolato panorama del cinema contemporaneo si salvano solo loro e pochissimi altri. Forse però questo libro non è rivolto a loro. Questo libro è rivolto piuttosto a quelle persone che sarebbero curiose di conoscere l’opera di Huillet e Straub semplicemente perché insoddisfatte del modo in cui il cinema è riuscito nel corso degli ultimi anni a mostrarci qualcosa, del nostro presente, che non sapessimo già. Questo libro è rivolto perciò anche a tutte quelle persone che hanno avuto occasione di imbattersi per puro caso in un film degli Straub, e che sono riusciti a incuriosirsi al loro lavoro con un atteggiamento libero da preconcetti, concedendosi perfino il lusso fondamentale della perplessità. La prima parte è stata concepita in particolar modo proprio per tutti quelli che li conoscono appunto poco o ne hanno solo sentito parlare; qui prendo in esame i punti di riferimento ideologici ed estetici della coppia di artisti, il loro metodo di lavoro, il rapporto col pubblico e cerco di chiarire ciò che sta al cuore della loro opera cinematografica dura e cristallina, limpida e disturbante: ossia la questione della didattica della percezione. Ciò che ci propongono (e forse ci impongono) i loro film è secondo me una sorta di shock percettivo e assieme morale, che ci costringe a rivedere la nostra postura nel mondo, a chiederci chi siamo in rapporto con quel che vediamo e che sentiamo. I loro suoni e le loro immagini tendono infatti a contrastare gli automatismi della nostra percezione e fruizione estetica, nella maniera più disturbante e, paradossalmente, più rispettosa possibile. La seconda e la terza parte del libro sono più analitiche; nella seconda parte, in particolare, analizzo i loro procedimenti di costruzione del ritmo e della struttura temporale complessiva, mentre nella terza esamino le modalità di costruzione dello spazio, avvalendomi delle diverse categorie identificate da Rohmer nel suo magistrale studio sul Faust di Murnau, e di altri strumenti di analisi della messa in forma messi a punto da Casetti/Di Chio, Deleuze e Aumont.
Gianluca Gigliozzi
a cura di