TRAMA
Asolo, Marzo 1945. Livia Mazzoni, avvenente moglie di un papavero del Minculpop, parte per Venezia sulla macchina dell’avvocato di famiglia Ugo Oggiano – suo spasimante – per raggiungere l’amante Helmut Schultz, dissoluto e vigliacco tenente della Wehrmacht. Il travagliato tragitto avrà conclusioni drammatiche e inaspettate.
RECENSIONI
Capace di costruire inquadrature di rara bellezza e certamente dotato di uno stile tutto personale, Tinto Brass è anche il regista/autore del cinema italiano che più è in grado di deludere con pochi secondi di pellicola. Questa nuova versione della novella di Boito già trasposta da Visconti ha tutti gli elementi del tipico film brassiano: un'avvenente signora in cerca di avventure, gli specchi ovali (la visione) e quelli verticali (la moltiplicazione), i contratti (favori in cambio di sesso) e, soprattutto, Venezia. Cantore della venezianità che gli è propria, Brass riesce a darne piccoli e pregevoli esempi sullo sfondo di una vicenda maltrattata dal punto di vista narrativo e (ahimè) interpretativo: in due battute riesce perfino a dare la ricetta del celebre Spriz (o Spritz, pronunciato "spriss"), aperitivo che ogni veneziano conosce e beve al di là di ogni moda o tendenza. Ma se il ritratto della caldarrostaia e della padrona di casa/ruffiana di Helmut sono due figure cesellate con delicatezza e nostalgia agrodolce, i protagonisti sono viceversa tagliati con l'accetta al limite della barbarie. Inoltre, Brass non esita a concedersi una lunga sequenza orgiastica che oscilla fra il grottesco (apparentemente d'auteur) e il ridicolo (sicuramente involontario), facendo rimpiangere allo spettatore l'onestà di un buon film porno nato per essere tale. Così, fra sequenze talmente squallide da essere irritanti e strabilianti colpi di coda che invitano a mordersi le mani e a chiedersi perché il film non imbocchi solo quella strada, se ne vanno oltre due ore di pellicola, con una colonna dialogo che invita all'omicidio, continuamente oscillante fra la presa diretta e il doppiaggio. Di straordinaria bellezza è invece il commento musicale di Ennio Morricone - che invita a tratti a chiudere gli occhi per non subire la molestia di alcune sequenze del film - e ottima la fotografia, grafica ed eccessiva.