Bellico, Recensione

SALVATE IL SOLDATO RYAN

Titolo OriginaleSave Private Ryan
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1998
Genere
Durata167'

TRAMA

Un manipolo di soldati americani, sbarcato in Normandia, ha il compito di trovare e riportare a casa l’ultimo di quattro fratelli caduti in battaglia, per rispetto al dolore della madre.

RECENSIONI

Due anime divergenti ed irrisolte accompagnano il cinema bellico hollywoodiano verso un estremo realismo, aperto e chiuso da pompose fanfare con sullo sfondo la bandiera americana. Spielberg compone una prima mezzora magistrale: il suo sbarco in Normandia è "coinvolgente" (ogni azione di guerra ha un punto di vista "interno", una soggettiva) e tremendamente vicino all'orrore della morte sul campo. Steadycam, immagini mosse e colori spenti riportano l'azione come se fosse ripresa da un operatore di guerra dell'epoca (Spielberg ha studiato le foto di Robert Capa e i documentari Why We Fight e Memphis Belle). Le lenti s'imbrattano di sangue, il montaggio è sporco e convulso, i suoni penetrano le budella, i dettagli stordiscono, è leggibile il terrore nei volti dei giovani sbarcati, la paura del trapasso violento, l'angoscia del topo in trappola, il raccapriccio alla vista dei compagni dilaniati da bombe e piogge di proiettili. Crudezza, perfezione tecnica e urla d'orrore degne di Kubrick. Salvate il grande cinema: il nemico è alle porte, sono le infami musiche solenni di John Williams, la commozione che va a braccetto con l'ironia, gli stereotipi legati alle dinamiche di gruppo, il dilemma morale a tesi che chiama uno spettacolo più classico e annichilisce la denuncia, il contatto con la realtà. Nonostante una sequenza finale ugualmente "vera" e potente (ricorda Il Ponte di Remagen), la contraffazione fa da viceré in un regno dove arriva a stridere con il coraggio con cui Spielberg, in un primo momento, sembrava voler rinnegare una serie di superati codici spettacolari (dall'inverosimile "uno contro tutti" al manicheismo verso un nemico senza volto e ridicolo). "Ryan" si salva solo in parte, anche nel suo sottotesto morale: "Salvare un essere per salvare un mondo" è il motto preferito di Spielberg (E.T., Schindler's List) che pretende un gesto d'umanità fra le carneficine che abbruttiscono l'uomo. La pellicola, anche qui, accosta potenti particolari simbolici/insoliti ad un apologo che preferisce appellarsi ai soliti pilastri della coscienza americana (Lincoln, Costituzione, Famiglia), sposando il moralismo.