Commedia, Recensione

SABRINA (1954)

Titolo OriginaleSabrina
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1954
Genere
Durata113'

TRAMA

Sabrina è innamorata di David, ma lui fa parte della ricchissima famiglia Larrabee e lei è la figlia di un autista: il padre, per farle dimenticare l’impossibile infatuazione, la manda a studiare a Parigi. Due anni dopo, la ragazza è di ritorno…

RECENSIONI

Cenerentola sotto acido muriatico. Il pretesto di una commedia dolce e scintillante (perfettamente incarnata da una Hepburn reduce da VACANZE ROMANE) serve a Billy Wilder per cesellare con il consueto acume un ritratto disilluso quanto sornione delle diaboliche sciarade elaborate dal cuore e della mente degli uomini, alla cui base si trova sempre un ingrediente: il denaro. Neppure i soldi, del resto, possono vincere tutto: il primato spetta all’amore, inteso naturalmente come adorazione di un idolo distante (l’attrazione per David, che porta Sabrina a sfiorare la morte prima della rinascita parigina), fallace proiezione di meditata eleganza (l’incontro in stazione), gesuitica simulazione che solo accidentalmente si trasforma in autentico sentimento. Incantato balletto meccanico in cui personaggi deliziosamente piatti (fra le superbe macchiette la palma spetta al Larrabee senior di Walter Hampden, con i suoi volatili peccati nascosti) si muovono con disinvoltura quasi allarmante in una scenografia sontuosamente finta, SABRINA è un racconto fiabesco e (a)morale nel cui raffinato amalgama il caramello dei dialoghi e lo zuccheroso finale non occultano il retrogusto sapientemente amaro: gli esseri umani, normalmente divisi da un vetro metaforico, possono essere uniti soltanto in via eccezionale da un vetro fisico. La parte di Linus, pensata per Cary Grant, acquista grazie al segnato carisma di Bogart sfumature crepuscolari quanto mai adeguate alla grazia malata di un film forse minimo, per nulla minore.