TRAMA
In una Detroit del futuro vessata dalla criminalità, l’agente di polizia Alex Murphy viene ucciso da alcuni malavitosi. La OCP lo resuscita come prototipo di un cyborg poliziotto con cui debellare la delinquenza.
RECENSIONI
Nel primo, vero (L’Amore e il Sangue era un ibrido, un progetto personale con marchio olandese) “atto terroristico” di Paul Verhoeven a Hollywood, un ingegnoso soggetto di genere alla Judge Dredd e con venature di Frankenstein si trasforma in film epocale e dirompente grazie alla messinscena immaginifica, che porta in primo piano i dettagli ‘politici’ (le ragioni di media, capitalismo e multinazionali sono additate con impagabile fare caustico) e, come sempre in Verhoeven, vivendo di feconda ambiguità nel momento in cui il testo condanna la violenza e la messinscena ricerca l’esaltazione dello spettatore nel darle corpo. Inedita, in un film mainstream (e con effetti speciali efficacissimi), la brutalità delle scene, la raffinatezza di una drammaturgia che sfrutta la sinergia di sottotesto e azione, la tragicità a braccetto con l’ironia. Il racconto cyberpunk, riscritto dal regista (non accreditato), partorisce un uomo-macchina cronenberghiano, un Gesù americano (parole sue) che resuscita, cammina sulle acque e/ma sopprime i cattivi a prescindere dalla loro etichetta istituzionale. Grande successo, con la maschera di RoboCop ideata da Rob Bottin che è diventata immortale e con la genesi di un franchise colossale (sequel, videogiochi, serie Tv animate, fumetti e così via). Monte Hellman ha diretto la seconda unità, aiutando Verhoeven a portare a termine una scaletta di marcia uscita dai binari.