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RAMPAGE – FURIA ANIMALE

TRAMA

Davis Okoye è un esperto primatologo e un uomo a cui gli animali stanno più simpatici degli esseri umani. È anche un ex combattente dell’esercito americano e “uno a cui piace andare in palestra”, per dirla con un personaggio del film. Il suo migliore amico è un gorilla albino, George, dotato di senso dell’umorismo e di un debito non da poco nei confronti di Davis. Ma George entra in contatto con i resti di un esperimento genetico che lo infettano, trasformandolo in una sorta di predatore invincibile, in continua crescita. E non è il solo. Ad altri animali tocca la stessa sorte. Davis dovrà fare squadra con una genetista ex galeotta e un inviato del governo per salvare il mondo e il suo amico.

RECENSIONI

Di nuovo Brad Peyton, di nuovo Dwayne Johnson, di nuovo edifici e grattacieli che crollano, di nuovo il perverso fascino della distruzione. Ma con i mostri giganti. A tre anni dal notevole San Andreas (nel mezzo solo Incarnate - Non potrai nasconderti, horror di esorcismi che non si è filato nessuno) Peyton arruola nuovamente quello che è uno dei volti più iconici del cinema d'azione contemporaneo per lanciarlo ancora in mezzo al disastro. Sono due film fratelli, San Andreas e Rampage, ma non gemelli: laddove il primo seguiva orgogliosamente le logiche del film catastrofico, il secondo è un monster movie in piena regola, decisamente meno bendisposto nei confronti di qualsivoglia lettura metaforica (ricordate il terremoto che in San Andreas distruggeva la Hollywood Sign sul Monte Lee?) e più vicino ad una fruizione spiccatamente epidermica. Nulla di male in questo, ci mancherebbe. D'altronde, che Rampage sarebbe stato niente più di un rumoroso divertissement lo si poteva intuire fin dal testo di partenza, l'(in)dimenticato videogame omonimo uscito nel 1986, nel quale, vestendo i panni delle enormi creature, i giocatori dovevano semplicemente distruggere quante più città possibili cercando di evitare di subire troppi danni dall'esercito. Perfino il ruolo interpretato da Dwayne Johnson mette bene in evidenza quanto la componente ludica sia qui prevalente. Da sempre sospeso, come molte star del cinema d'azione di ieri e di oggi, tra virilissimi ruoli (super)eroistici e dilettevoli riflessioni autoironiche sul suo status, l'ex star del wrestling in questo caso tende decisamente verso la seconda categoria (non il superuomo di San Andreas e Fast&Furious per intenderci, ma piuttosto quello rilassato e divertito di Jumanji - Benvenuti nella giungla). Ecco allora che in Rampage, The Rock è eroe quasi per sbaglio, animalista convinto vicino alla misantropia, che però viene sbeffeggiato perfino da un gorilla (!) e che durante lo scontro tra mostri ben più grossi di lui («Big meets bigger», recita puntualmente la tag-line del poster originale) non può far altro che restare a guardare o fungere occasionalmente da diversivo. Tuttavia, è proprio questa linea comica, qui non certo predominante però condotta in modo approssimativo e davvero poco ispirato, che oggi inizia a mostrare la corda. Negli ultimi anni, in cui distrazione e disimpegno paiono essere percorsi obbligati per il cinema d'azione superomistico (basti pensare al successo della formula Marvel e, al contrario, a quanto i prodotti DC vengano gratuitamente accusati di eccessiva cupezza e serietà, come se fosse di per sé un fattore negativo), l'autoanalisi ludica ancora figlia prima degli anni '80 e poi, in modo ben più esplicito e marcato, del postmoderno, ha saturato decisamente il genere. Per dirla in parole povere, una comicità che poggia in gran parte sulle presunte dimensioni del membro di Dwayne Johnson (come fa proprio il recente Jumanji) o sui suoi enormi bicipiti e pettorali, ha stancato. E neppure poco.

A tutto questo, si aggiunge il fatto che in Rampage ci vuole un'eternità prima di vedere effettivamente il disastro, ed è un'eternità lunghissima, fatta di tante chiacchiere e spiegazioni pseudoscientifiche capaci di annoiare perfino lo spettatore più puntiglioso. Quando arriva poi, la distruzione è anche gradevole, ma non abbastanza da restare impressa nella memoria. Insomma, Brad Peyton non è Del Toro e Rampage è lontano anni luce dalla ricchezza visiva di quel sincero omaggio al monster movie che è Pacific Rim. Ma Brad Peyton non è neppure Michael Bay e Rampage non si avvicina neanche per sbaglio alla complessità e all'astrazione delle densissime immagini di devastazione della saga Transformers. Certo, rispetto a questi due nomi non ha nemmeno lo stesso budget a disposizione. Eppure, da uno che con il medesimo protagonista e con una decina di milioni in meno aveva raccontato in modo sì visivamente povero, ma estremamente godibile e registicamente vivace (non tirandosi indietro neppure di fronte ad un piano sequenza più che dignitoso) il colossale terremoto di San Andreas, era lecito aspettarsi qualcosa di più.
Un unico guizzo: la corsa di Dwayne Johnson all'interno di un edificio a pezzi, scrutato dall'occhio del lucertolone attraverso le finestre. Una manciata di secondi. Decisamente troppo poco.