Commedia, Recensione

QUASI AMICI

Titolo OriginaleIntouchables
NazioneFrancia
Anno Produzione2011
Genere
Durata112'

TRAMA

Philippe, ricco aristocratico parigino rimasto paralizzato a seguito di un incidente, si affida alle cure di un vitale e scapestrato banlieusard, Driss.

RECENSIONI

Con quasi venti milioni di spettatori al suo attivo e un incredibile César per il miglior attore protagonista in tasca, Quasi amici (“Intouchables“ in originale) si avvia ad essere uno dei più grandi successi della storia del cinema francese. Ispirato ad una storia vera, quella di Philippe Pozzo di Borgo e del suo “badante“ beur, ai quali il film rende uno scontato omaggio sui titoli di coda, l’opera numero 4 della coppia Eric Toledano/Eric Nakache è un concentrato di soluzioni drammaturgiche ovvie, congegnate con un’astuzia e una sistematicità da manuale della sceneggiatura “ad incasso“. Il racconto inanella, con una pedanteria e una prevedibilità che non lasciano spazio allo slancio, all’invenzione, all’anarchia, frammenti comici e drammatici, suscettibili di provocare lacrime e sorrisi ad orologeria sempre “di riflesso“ (se piangi, se ridi, il pubblico riderà e piangerà con te). Più interessati a non offendere nessuno che ad osare un discorso interclassista non solo di facciata, un autentico, mutuo riconoscimento che vada oltre la sterilità dello sketch paratelevisivo e abbia una finalità non solo esornativa, i Quasi amici seducono il pubblico medio imbrigliandolo in una fitta rete di facili ammiccamenti e di gag interminabili; lo ammaliano spacciando sconcertanti banalità per pillole di saggezza popolare (le solite invettive contro l’arte contemporanea, un machismo che resta greve anche quando “smascherato“ da donne in carriera), per lo più pronunciate dalla star televisiva Omar Sy, ultima, insospettabile e insospettata declinazione del “nero ridens“ di epoca coloniale.
La coppia Philippe/Driss, monolitica anche nel cambiamento, è cesellata seguendo la logica di una tipizzazione che cristallizza e reifica le differenze, frutto di uno sguardo che si vorrebbe socioculturale ma che finisce col ridurre la complessità di un gioco di forze e di voci a piccole schermaglie tra (quasi) amici.
Il film di Toledano e Nakache è in definitiva innocuo (tutto è annacquato ed edulcorato) e irritante al tempo stesso, in ragione dello strategico (e triste) depotenziamento “a fin di lucro” di un incontro sulla carta rivoluzionario.