Recensione, Thriller

OXFORD MURDERS

Titolo OriginaleThe Oxford Murders
NazioneSpagna, Francia
Anno Produzione2007
Genere
Durata110'
Trattodal romanzo La serie di Oxford di Guillermo Martinez
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Martin, promettente studente di matematica americano, giunge ad Oxford con il sogno di lavorare ad un progetto con Arthur Seldom, celeberrimo professore universitario. Il giovane però riuscirà ad avvicinare il docente solo durante le indagini su una serie di omicidi.

RECENSIONI

Oggetto anomalo, come da par di De la Iglesia, Oxford murders è il frutto discontinuo di scontri dialettici sostanzialmente irrisolti, sorti dall'impatto tra la poetica dell'autore e la materia narrativa codificata, nei toni quanto nei contenuti, dell''whodunit?' di ambientazione anglosassone. Dove nei gialli di matrice inglese l'indagine conduce sovente a rivelare la scissione tra l'attentamente costruita superficie delle apparenze e le fondamenta marce e scricchiolanti di realtà puntualmente sommerse, in Oxford murders tale convenzione narrativa viene immediatamente annullata o, meglio, privata di qualsiasi spessore; a tal proposito si confronti l'illuminante scena dell'arrivo di Martin a casa Eagleton: al protagonista non viene data la possibilità di aderire ai fondamenti goffmaniani che regolano ogni quotidiano scambio comunicativo, trovandosi stuprata infatti ogni convenzione sociale, ogni regola di costume, dagli inopportuni modi della padrona di casa e della figlia: dinnanzi allo sconosciuto le due svelano schiettamente arsenico e vecchi merletti, esponendo fitte trame di interessi verosimilmente da nascondere, negando alle apparenze il tempo di rivelarsi e al gioco dei ruoli l'ombra del mistero. L'annichilimento dei normali processi comunicativi si propaga oltre (si pensi alla relazione tra Martin e Lorna, sbocciata in totale assenza di premesse verosimili), con conseguenze destabilizzanti per lo spettatore. Il risultato è complesso, i movimenti contrastanti, molteplici:
- a livello narrativo i ferrei meccanismi del giallo si scontrano con le spicce dissertazioni filosofico-matematiche sull'indeterminazione della verità;
- gli slanci grotteschi nella descrizione di personaggi e relazioni sostituiscono spesso il ridicolo e l'inquietante al verosimile, emancipando le dinamiche dalla logica comune e consegnandole ad un destabilizzante e sottile caos;
- la superficialità dei personaggi e l'imprevedibilità dei loro comportamenti, messe in relazione con una narrazione pregna di evidenti marche enunciative (dallo spiccato citazionismo alla smaccata visibilità della regia), dichiarano la mano di un demiurgo (si confronti anche solo l'hitchcockiano pianosequenza in cui le strade dei personaggi principali si intrecciano, per poi rivelare il cadavere di Mrs. Eagleton, in un mirabile e teorico esercizio di stile), riducendo il suddetto caos/scarto dal verosimile al capriccio del regista, maestro burattinaio alla prese con fantocci, ambigui perché surreali.
Frastornato, lo spettatore affronta un mondo dove la logica si copre di illogica, la verità sfugge, le macchiette regalano insieme riso e angoscia, l'ossessione scioglie la sua profondità nel gioco. Gioco ci pare la parola chiave per interpretare Oxford murders: esplicitate le intenzioni sulla superficie di un tabellone di Cluedo, De La Iglesia ingolfa la narrazione di false piste, saturandola con divertito citazionismo e propensione alla ribadita firma stilistica, straniando lo spettatore tramite il grottesco, depistandolo attraverso l'indagine verbosa e cerebrale. La dimensione ludica è cristallizzata nella narrazione: come il regista agisce (spoiler) Seldom[1], spingendo Martin a concentrarsi altrove rispetto al mero meccanismo di genere; questi, motore e vittima della finzione, vive il ruolo di spettatore, spaesato, arrancante, deriso, usato. Al pubblico la scelta di stare alle regole di un gioco in cui è discriminante il piacere con cui ci si lascia sviare, con cui ci si abbandona al turbine altamente autoreferenziale concepito dal regista per depistare, occultando- come il demiurgo all'interno del film- la verità tramite l'artificio, in questo caso sfoggio poetico/stilistico, dichiarazione estetica esaltata per contrasto con un materiale codificato. Oxford murders è lo specchio del suo autore; una volta di più: prendere o lasciare.

[1] Non è un caso che le prime immagini del film siano la proiezione di un racconto di Seldom relativo a Wittgenstein: un falso inizio che testimonia la manipolazione del demiurgo al lavoro.