TRAMA
Uno strano omicidio sconvolge la vita sempre uguale di Acitrullo, sperduta località dell’entroterra abruzzese. Quale occasione migliore per il sindaco e il suo vice per far uscire dall’anonimato il paesino? Oltre alle forze dell’ordine infatti, accorrerà sul posto una troupe del famigerato programma televisivo “Chi l’acciso?”, condotto da Donatella Spruzzone (dal pressbook).
RECENSIONI
Di fronte ai più recenti fenomeni mediali come Maccio Capatonda, The Pills, The Jackal, I Soliti Idioti, Frank Matano... si tende a parlare di nuove modalità di articolazione del comico. L'elemento su cui più si insiste per supportare questa tesi è quello della transmedialità; ma, come sostiene Alberto Crespi, «la differenza rispetto al passato è tutta nella disponibilità ininterrotta dei materiali: la “transmedialità” è una questione di tempi e accessibilità, non di modi»: il comico, nella storia del cinema italiano, si è sempre mosso su più piattaforme, e il film, sebbene non rappresenti più il canale distributivo trainante ma il tassello di un sistema più vasto, continua ad essere un banco di prova con cui confrontarsi per ampliare il proprio grado d'incidenza sull'immaginario spettatoriale. Altro aspetto solitamente evidenziato a favore della nuova ondata comica è la sua compiaciuta sgradevolezza; anche qui il discorso va affrontato a livello contestuale, sforzandosi, quindi, di rilanciarlo in un gioco più grande, in un’architettura più complessa, qual'è il confronto con la tradizione: scrive Gian Pier Brunetta a riguardo dei “mostri” della comicità emersi a partire dai primi Anni '60 che «nel loro gioco delle maschere, in apparenza illimitato, prevalgono i ritratti in negativo, la mimesi raggiunge il suo apice nel far emergere gli aspetti più truci, di inettitudine, di opportunismo». Dunque, si può dire, riprendendo Flaiano, che tutti i personaggi di questi vecchi e nuovi comici «basano la loro consistenza su una certa miserabilità umana, troppo umana. Le possibilità che hanno di cogliere una scadente realtà, nella quale siamo immersi fino al collo, sono quasi infinite, tanto da poter pensare che [...] sono la nostra vera, continua autobiografia». La comicità tratta sempre di un reale già conosciuto, solo che lo amplifica rendendo visibile ciò che superficialmente non appare, evidenziando la falla, l’aspetto abnorme, la stupidità sottesa, che non cogliamo completamente ma che abbiamo già intuito, perché appunto ne facciamo parte.
Riguardo ad Omicidio all'italiana il regista Marcello Macchia (in arte Maccio Capatonda) ha parlato di «un film freak fatto da un freak», che è capocomico di un autentico Circo Barnum composto da figure bizzarramente deformi, distorte e “astigmatiche”, dai modi e dalle fisionomie inquiete e irrealisticamente stilizzate. Un corredo (dis)umano sommamente antinaturalistico ma anche sommamente antidialettico: gli abitanti di Acitrullo, dove il film è ambientato, si esprimono attraverso una lingua di pure carenze, manchevole, che stravolge i segni indicatori, imbroglia i percorsi, cancella le tracce, abolendo la logica del discorso. Capatonda con Herbert Ballerina praticano un'aggressione alle procedure logiche delle strutture sintattiche per mezzo di nonsense, calembours, paradossi linguistici di derivazione frassichiana (nel senso di Nino, che ritorna, come già nel precedente Italiano medio, in forma di cameo). A depotenziare l'operazione di deragliamento di senso, però, è il dispositivo che la contiene, e cioè il film troppo prono alle dinamiche narrative incapaci di assecondare questo incedere latitante, volutamente frammentario (Maccio, come i colleghi prima elencati, è solito esprimersi in tempi brevissimi nei quali concentrare al massimo la potenza espressiva della sua vis comica); lo sa bene, ad esempio, uno dei massimi interpreti della comicità in Italia, vale a dire Antonio Rezza, che, come lui stesso ha dichiarato, volutamente «rinuncia al filo del discorso, che poi è lo stesso filo che ti strozza». Un film, peraltro, Omicidio all'italiana che poggia su un'idea di satira di costume eccessivamente legata all’attualità; e l’aneddoto del quotidiano, lo indica la parola stessa, si logora in fretta e rischia facilmente di affossarsi nella critica qualunquista facendo apparire la comicità, non più un'azione di trasgressione sociale, ma come un'espressione di conformismo e l’attore una pedina dell’establishment mediatico.