TRAMA
Il giovane Robin Cavendish, fresco sposo e futuro papà, durante un soggiorno in Kenya si ammala di poliomelite e rimane immobilizzato dal collo in giù. Dopo un momento di profondo sconforto decide di ricominciare a vivere.
RECENSIONI
Ogni tuo respiro, prodotto dal figlio della coppia protagonista, nasce da una storia vera che meritava di essere raccontata. Inizia nel modo più romantico e patinato possibile: gonne a sbuffo in altalena, bellissimi paesaggi, velivolo a due posti, balli romantici al tramonto sulle note di True love. Tanto che si inizia a temere il peggio, in un eccesso di beltà, gioventù, ricchezza e amore, tra partite di golf e di tennis e fotografia da cartolina. Il contesto è inglese che più non si potrebbe - il protagonista vende the -, lo stile di vita evoca The crown. Nel 1958, in Kenya, avviene l’improvviso salto dal paradiso all’inferno, quando la poliomielite costringe il giovane Cavendish all’immobilità. A questo punto un’ondata di realtà arriva ad abbassare sopracciglia già inarcate. Almeno sul piano dei contenuti non si fanno sconti: si parla della non vita determinata da alcune patologie, dei malati come pesi per i loro famigliari. C’è ancora l’amore - scelto come tema portante per trailers e locandine -, ma gli si affianca il dubbio (“Come ci si abitua a vivere così?”, “Perché continui a venire qui?”). Si arriva addirittura allo sputo al prete (“Dio è un burlone”). Da questo momento si sceglie di raccontare la reazione, la nuova svolta. Cavendish è un uomo che non vuole solo sopravvivere, vuole vivere davvero. La moglie, resistendo alla situazione, rivela di non essere “una stupida ochetta”. Su questi due personaggi si regge l’intero film, sulle loro reazioni alla disgrazia e su come determinano i cambiamenti e ne vengono influenzati. Elemento cardine è la sedia a rotelle con respiratore - ed i suoi successivi perfezionamenti sempre più avanzati -, opera di un amico provvidenziale e poi diffusa per altre persone nella stessa condizione. La rinascita viene narrata con un certo equilibrio tra il romanzato ed il verosimile. Dopo aver liquidato in pochi minuti il rischio del film melenso, si liquida anche quello del film lacrimevole. Quando inizia la sempre più determinata reazione del protagonista e dei suoi cari, ciò avviene con una buona dose di ironia e senza edulcorare il senso di privazione, frustrazione, perdita. La bella sequenza in cui Robin rivede il cielo dopo una lunga reclusione in ospedale, come se fosse la prima volta, il sogno in cui si alza, la carrellata di pazienti mostrati come prigionieri in un carcere, sono momenti ispirati che non lasciano indifferenti. Il brindisi “ai nuovi inizi” dopo le lamentele - quanto futili - dell’amico lasciato dalla fidanzata riproduce la diffusa cecità dei sani. La chiara critica a tutti gli istituti totali come luoghi di morte dello spirito non viene mai alleggerita, si evidenzia invece come il giovane rinasca proprio quando torna attivo e riprende il controllo della sua esistenza. Cavendish si riprende un pezzo di vita, sempre più di quanto concesso dalla ragionevolezza all’inizio del suo dramma. Grinta, creatività e determinazione, dopo il crollo psicologico che sembrava preludere al suicidio, rendono possibile l’impossibile. Ogni tuo respiro si pone quindi come la storia di un uomo che, al di là degli affetti che lo circondano, sfida la fatalità, e di una donna che lo sostiene al di là della semplice razionalità. Quello del film è certo un caso particolare, non generalizzabile, ma con spunti emotivamente ed intellettualmente forti. Spesso il cinema ha visitato questi temi, anche in relazione con i loro risvolti sentimentali. Ogni tuo respiro esplora una scelta opposta a quella di Io prima di te, con toni differenti ma pari misura. Anche il finale, con l’addio agli amici, canzoni e lacrime, l’inevitabile commozione del saluto a moglie e figlio, non stride con il resto della pellicola. È un bel duetto quello di Claire Foy e Andrew Garfield: una certezza lei, una inattesa scoperta degli ultimi anni lui.