Animazione, Avventura, Commedia, Recensione

OCEANIA

TRAMA

Oceania ha grandi occhi, un’attitudine al prossimo e un’attrazione per il mare che non sfuggono agli dei. Radiosa e felice cresce sotto l’ala protettiva del padre, capo del villaggio, e lo sguardo immaginifico della nonna che favorisce la sua inclinazione al viaggio rivelandole un segreto: i Maori sono stati grandi marinai.

RECENSIONI

-Non sono una principessa!
- Indossi un vestito e hai un animaletto: sei una principessa.

Si tratta di uno dei tanti in jokes del film ma questo in particolare nasconde almeno tre livelli di lettura.
Da una parte è uno spassoso esempio di metacinema dei registi John Munsker e Ron Clements (La Sirenetta e La Principessa e il Ranocchio tra gli altri), re indiscussi del princess movie disneyano e da sempre avvezzi all' autoironia e parodia (Aladdin e Hercules ad esempio). Non solo, è un neanche poi tanto velato beffeggio di un merchandising sempre più incline al franchise (e viceversa); nello specifico la linea Disney Princess che vanta ormai tra le sue schiere non semplicemente le regali eroine (di sangue o per matrimonio) ma praticamente tutto l'universo femminile disneyano in possesso, appunto, di un vestito e di un animale da compagnia. Inoltre - e veniamo al terzo livello - questo scambio di battute incarna l'essenza stessa del film e della sua eroina. Che la nuova 'principessa' abbia delle idee un po' confuse sulla sua identità lo si evince già dal pasticcio di marketing: viene chiamata Moana nella versione originale, Vaiana nei vari adattamenti *.

Sempre che di principessa si possa parlare. Questo lo sostiene il semidio mutaforma Maui, mentre per suo padre, il capo del villaggio, Vaiana è la futura guida del suo popolo, legata a esso da responsabilità e amore. Per la nonna e l'Oceano è invece una indomita navigatrice/Salvatrice. Tutti sembrano conoscere una, nessuna, centomila Vaiana. Magari hanno tutti ragione ma non serve convincerla, sta a lei scoprirlo e non tramite l' inutile ripetizione di vuote formule che comprendono nome, natali e missione. Saranno le cicatrici del suo vissuto e la sua voce interiore a definire il suo io.Quindi non un semplice (e abusatissimo) be yourself quanto un più complesso know yourself, conosci te stesso. Del resto una crisi di identità porta sempre a un perdita di canoscenza, in senso dantesco, (o è il contrario?), dato che il compito di Vaiana è anche un altro: quello di riportare alla memoria del suo popolo l'arte della navigazione, in cui un tempo eccellevano i suoi antenati (la loro canzone si intitola We Know the Way). La forte avversione al progetto da parte del padre la porta a disubbidirgli accumunandola così ad Ariel, la sirenetta che però desiderava la terra non il mare, oltre al suo bel principe. Vaiana non mostra invece alcun interesse amoroso e il matrimonio non viene preso in considerazione neanche dalla sua stessa famiglia. Munsker e Clements hanno quindi negato, in realtà riaffermandolo, quel princess movie (genere amato e odiato da tutto il fandom) grazie al quale la Disney rinasce ciclicamente. Biancaneve e i Sette Nani segna l'inizio della (in gergo disneyano) Golden Age, Cenerentola della Silver Age, La Sirenetta del Renaissance e La Principessa e il Ranocchio della Revival Era (tutt’ora in atto), periodi di grandi successi artistici ed economici in seguito a momenti di forte crisi, spesso di identità aziendale. [cfr] Ma il vero artefice stavolta è John Lasseter che ha innestato negli ultimi Classici la nuova (pixariana) formula, germogliata con (guarda caso) La Principessa e il Ranocchio, fiorita nel lodevole ma molto più crowd pleaser Frozen e riproposta sempre intelligentemente in tutti gli ultimi film Disney. Tale formula prevede che a far maturare i personaggi non siano più degli ingombranti - ma sempre amatissimi - villain, ma il viaggio, con qualche twist qua e là. 

Del resto il viaggio è uno degli archetipi principi del mito, al quale i registi tornano (con toni leggermente più epici e meno parodistici) dopo Hercules, altro semidio, che come Maui vuole essere un grande eroe, amato e adorato dagli uomini. Le somiglianze tra i due si fermano qui; il secondo è egocentrico, vanesio e desideroso di attenzioni, alla ricerca anch'egli di una identità perduta, rifiutato dagli umani genitori e (r)accolto dagli dei. Completamente opposto è anche il design; non un fisico scultoreo, ma una corporatura massiccia degna di un giocatore di rugby, disarmonico e grande novità nella CG Disney, che ha sollevato non poche polemiche tra i polinesiani per i quali Maui è un dio bellissimo. Ad adornare il suo corpo e raccontare la sua storia ci sono degli stilizzatissimi tatuaggi 2D che ricordano per forme e  stile le decorazioni animate delle anfore di Hercules.Tra di essi ruba la scena il mini-Maui, la sua coscienza, animato dal maestro Eric Goldberg, creatore di Filottete, il mentore di Hercules, e del Genio di Aladdin altro grande mutaforma /istrione disneyano. Ritroviamo anche un'altra 'vecchia' matita, Randy Haycock che, come Glen Keane e Mark Henn prima di lui (rispettivamente in Rapunzel e Frozen) con i suoi disegni e test 2D preparatori ha guidato i 'nuovi'  artisti spingendo al massimo la altrimenti fredda animazione CG. Alle canzoni, a sostituire il leggendario Alan Menken ci pensa la nuova stella in ascesa (ma la matrice è comune, sempre Broadway) Lin-Manuel Miranda, insieme a Opetaia Foa'I nei brani più etnici. E non è un caso se l' 'anziano' duo sia stato affiancato alla regia dai 'giovani' Don Hall e Chris Williams (registi di Big Hero 6) più avvezzi alla CG e in grado di aiutarli nel non facile passaggio.Come Tala, la saggia nonna di Vaiana, Munsker e Clements  continuano (ancora) a traghettare la nuova Disney (quella senza Walt) oltre l'orizzonte, mostrandole una via fatta di tradizione (la cui importanza è sottolineata nel film anche dalla canzone Where you are), e un rinnovamento sempre più (r)affinato.