TRAMA
La vita problematica di Ôba Yôzô, incapace di rivelare agli altri il suo lato oscuro e costretto a mantenere una facciata di normalità. Ma le ombre non riusciranno a restare tali a lungo.
RECENSIONI
Morio Asaka adatta per la MadHouse - lo studio di animazione giapponese a cui si devono, tra gli altri, i lavori di Satoshi Kon (Perfect Blue, Millennium Actress, Tokyo Godfathers e Paprika - Sognando un sogno) e alcune serie televisive di successo (“Jenny la tennista”, “Alexander”, “Nana”) - il romanzo psicologico “Ningen Shikkuaku”, scritto da Osamu Dazai nel 1948. Per farlo condensa i quattro episodi della serie animata” Aoi Bungaku”, ispirata ai classici della letteratura giapponese.
Tutto ruota intorno al disagio di Ôba Yôzô, apparentemente un ragazzo tranquillo, in realtà una creatura inquieta. Fin dall’infanzia scopre infatti di essere diverso dagli altri, incline alle ombre e con sentimenti contradditori che sfociano in un ambiguo suicidio/omicidio da cui non riuscirà più a riprendersi. Le esperienze personali, e un rapporto molto conflittuale con il padre, lo portano a convincersi di essere un “ghoul”, sorta di demone. Nonostante l’universalità delle dinamiche messe elegantemente in scena, non è semplice entrare nello spirito del personaggio. La sceneggiatura spazia infatti nel tempo senza che sia subito chiaro su quale personaggio sia necessario soffermarsi per orientare la percezione del racconto. Quando i vari quadri che si succedono cominciano a delineare una visione d’insieme, si riesce a entrare con più partecipazione nel sentire del protagonista e nel suo profondo dissidio tra ciò che sente, ciò che vorrebbe e ciò che decide di essere per impedire al mondo esterno di ca(r)pire il suo segreto.
L’opera non ricorre a facili psicologismi ma asseconda la dicotomia di Ôba Yôzô cullandone il lato oscuro. Uomo provato dall’assenza di rapporti familiari solidi o pazzo ossessivo? Poco importa, non è la razionalità a cui il film tende, ma alla risoluzione di una scissione insanabile da cui si può guarire solo uscendo da se stessi. Vari i tentativi del protagonista di liberarsi dal demone che lo pungola sotto pelle (il sesso, la droga, l’alcool), ma uno solo il punto di arrivo davvero risolutivo: la morte. Evento affrontato con il rispetto, la grazia e l’ineluttabilità che la cultura giapponese da sempre ci insegnano, unico momento in cui la propria natura, qualunque essa sia, potrà trovare effettiva pacificazione. Non semplice trasporre contenuti così impalpabili e complessi in forma animata e Asaka, eccedendo nella frammentazione e senza picchi visivi, ci riesce solo in parte.
