Drammatico

NEVERWAS

TRAMA

Zach cerca impiego come psichiatra nella clinica dove era in cura il padre, morto suicida e autore della favola “Neverwas”, di cui Zach era protagonista. Un anziano e taciturno paziente crede che quest’ultima sia reale e invita Zach a “svegliarsi”.

RECENSIONI

La favola non c’è perché non è una favola, intesa come fuga dalla realtà nella fantasia. L’esordiente Joshua Michael Stern compie un miracolo, poco notato dai più: sa rinvenire in modo credibile la magia nella realtà, fra allegorica “ritirata” della malattia mentale, rimosso (altrettanto ‘patologico’) del terapeuta previo trauma infantile, segnali prodigiosi che diventano “possibili” nella terapia. Alcuni rami della psichiatria sono consapevoli, infatti, del fatto che, “magicamente”, quando il paziente ha imboccato la strada della guarigione, attira a sé una serie di eventi e personaggi che gli saranno d’aiuto o che, altrimenti, gli (ri)proporranno il problema davanti finché non lo affronta. La terapia, qui, è per il terapeuta. In questo film, Stern possiede un’eleganza innata nella composizione delle immagini e, ancor più, nella scrittura: non c’è sbavatura in cui bari con lo spettatore, nel momento in cui cavalca l’ambiguità fra esistenza o meno di questo regno fantastico. Gioca sul mistero, che è giallo della mente, giallo dei ricordi d’infanzia, giallo fantasy, giallo esistenziale: il terapeuta guarisce il paziente che ha guarito il terapeuta, permettendogli di “liberare” il padre dalla prigione in cui è rinchiuso, come rimosso, nella memoria. Con la semplicità di un racconto che procede, con pathos, per continue allegorie, complici le musiche di Philip Glass e le recitazioni superbe, Stern tesse una ragnatela di significati che è, al contrario, assai complessa, evocativa, riflessiva ma col dono della leggerezza che ha il bambino nel creare altriquando.