Biografico, Drammatico, Recensione

NEVERLAND

Titolo OriginaleFinding Neverland
NazioneU.S.A./Gran Bretagna
Anno Produzione2004
Durata106'
Sceneggiatura
Tratto dadall'opera teatrale
Montaggio
Scenografia

TRAMA

La storia romanzata dell’autore di Peter Pan e della sua relazione con la famiglia della vedova Llewelyn Davies.

RECENSIONI

Narrare la vita di J.M. “Peter Pan” Barries come una favola è tentativo affascinante a patto di mantenerne il tono sospeso e incantato: se invece, come è nel caso del film di Forster, emerge il calcolo, apparendo questo piattamente decifrabile, e la patina magica si riduce ad ammiccante involucro volto a rendere appetibile un prodotto edificante e dalla moralina facilmente commestibile, allora qualcosa non funziona. Se è vero, come si dice, che la commedia (play) è per l’appunto un gioco, allora diverrà imperativo non perdere in leggerezza nell’enunciazione fatidica del principio per il quale alla fantasia non andrebbe mai messo il morso della realtà: il regista lo fa invece con una seriosità petulante che suona come una nota stonata e, in più, ripetuta ad nauseam;  così, nel confronto impari tra Immaginario e Reale (il mondo fantasioso condiviso coi piccoli Llewelyn Davis vs la realtà di un legame matrimoniale che va invece in rovina) a segnare il punteggio in passivo è proprio il film, che si impernia sull’idea, in sé non disprezzabile, di rinvenire proprio nei rapporto giocoso dello scrittore con quei ragazzi gli elementi fantastici di cui impastò il suo capolavoro letterario.
Quanto agli attori se Depp è scelta ovvia fino al déjà vu e i begli occhioni della Winslet quasi un colpo basso, fa indubbiamente piacere rivedere la grande Julie Christie e un burbero Dustin Hoffman in apparizione speciale.
“I critici hanno reso tutto importante” si dice nel lacrimevole FINDING NEVERLAND: dopo aver letto le recensioni del film mi dico d’accordo.

Potrebbe essere il bio-pic di Michael Jackson, invece e' la vita un po' romanzata di un altro bambino che non voleva crescere, lo scrittore e drammaturgo scozzese James M. Barrie, autore del celeberrimo "Peter Pan". Il film di Marc Forster ("Monster's ball" la sua opera piu' famosa, che ha valso l'Oscar a Halle Berry) segue lo stallo creativo precedente alla stesura del romanzo che gli ha dato la popolarita', la crisi del matrimonio, l'incontro con la bella vedova della famiglia Llewelyn Davies e i suoi quattro figli, e alcuni episodi salienti della sincera e disinteressata amicizia che si viene a creare, tradotti poi in letteratura. Tutto in perfetto equilibrio per non turbare, attraverso la celebrazione di temi forti come la coscienza di se' e il potere dell'immaginazione. Ovviamente le possibili ambiguita' (pedofilia in primis, riassunta in una battuta di dialogo) sono frettolosamente evitate, come non trova adeguato approfondimento il protagonista: strambo, genio, folle, o tutte e tre le cose insieme? Il film non ce lo dice e nemmeno si preoccupa di farcelo capire, limitandosi a suonare le corde del dramma edificante, tutto buoni propositi e inutili fraintendimenti sociali. Una visione cosi' parziale non puo' che suonare irrimediabilmente falsa, perche' sciorina risposte facili e ampiamente condivisibili prive di autentica problematicita'. La regia, pur inneggiando al potere salvifico dell'immaginazione, vero e proprio tormentone della pellicola, ne toglie mistero e magia allo spettatore, relegandola a bambocci e carnevalate. Se vediamo il protagonista nel parco che balla con un cane che nella sua fantasia e' un orso gigante, siamo costretti a sorbircelo mentre giravolta avvinghiato a un orso di cartapesta. Cosi' come "l'isola che non c'e'" diventa un baraccone di freaks tutt'altro che invitante. La produzione Miramax assembla un cast di tutto rispetto: Johnny Depp ben si adatta all'ennesimo borderline, Kate Winslet e' vittima di un personaggio senza spessore e si limita a ridere o piangere, Dustin Hoffman ha le battute migliori e Julie Christie ha ancora un grande carisma. Da tenere d'occhio Rhada Mitchell, sempre piu' in ascesa dopo il ruolo da protagonista double-face in "Melinda e Melinda" di Woody Allen.
Piacera' ai bambini in eta' scolare e a chi si ostina a pensare che la fantasia sia credere a cio' che non esiste e non spalancare gli occhi, con attenzione e sensibilita', su cio' che esiste.

Favola biografica con genesi di un’opera: il piccolo Peter su cui J.M. Barrie costruirà Peter Pan è uno scettico, crede solo in ciò che vede. Sposando invece il punto di vista della fantasia dello scrittore, purtroppo Marc Forster esagera nell’inzuppare la realtà in melassa e voli pindarici, rendendo quasi impossibile distinguerla dagli sprazzi onirici dell’immaginazione. La commedia teatrale di Allan Knee, da cui il film è tratto, incuriosisce nel momento in cui dissemina la vicenda di dettagli che, traslati, avranno una precisa collocazione nella favola sull’Isola che Non C’è (la nonna che sgrida con il cucchiaio storto: Capitan Uncino) ma la sceneggiatura di David Magee esagera con il buonismo manicheo, l’infantilismo e l’approccio didattico/edificante, adombrando quei pochi ma succosi riferimenti più colti, ragionati, intriganti (il coccodrillo Tic Tac è l’incedere del Tempo, l’Isola che non C’è è anche la Morte). Un approccio comunque voluto, si capisce nell’emozionante scena con la prima di Peter Pan, vista attraverso gli occhi degli orfani in sala additando le reazioni rigide degli adulti: il film preferisce la lettura semplice e commovente da/dei bambini o del fanciullino preservato (la Emma du Maurier di Julie Christie che, nel finale, urla che crede nelle fate).