Azione, Sala, Spionaggio, Thriller

MISSION: IMPOSSIBLE – FALLOUT

Titolo OriginaleMission: Impossible - Fallout
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2018
Durata147'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Due anni dopo la cattura di Solomon Lane, i resti della sua organizzazione, il Sindacato, sono stati trasformati in un gruppo terroristico noto come gli Apostoli. Ethan Hunt riceve i dettagli di una missione per intercettare la vendita da parte dei membri del gruppo di tre nuclei di plutonio a John Lark, il capo degli Apostoli. Hunt si unisce quindi a Benji Dunn e Luther Stickell per la missione, ma falliscono quando Ethan sceglie di salvare la vita di Luther e il plutonio è preso dagli Apostoli. Il team cattura e interroga l’esperto di armi nucleari Nils Debruuk, che ha costruito tre armi nucleari portatili per gli Apostoli e ottenere informazioni sul gruppo. (da Wikipedia). Nel prosieguo le cose si fanno più complicate ma tutto sommato superflue.

RECENSIONI

In apertura di recensione, parlando di Rogue Nation (2015) scrivevo che “la saga è finita nelle mani di Tom Cruise che, ormai, sembra averla eletta a palcoscenico riepilogativo della propria epopea eroico/attoriale, territorio privilegiato nel quale riassumere, perpetuare e di volta in volta aggiornare il suo status di (ultimo) Divo Hollywoodiano”. Fallout, sempre di McQuarrie, conferma e ribadisce. E anch’io confermo e ribadisco. Quello di M:I, ormai, può essere considerato un brand dai tratti cristallizzati tendenti allo sclerotizzato, con doppi e tripli giochi, (s)mascheramenti e McGuffin onnipresenti ma ormai quasi illocalizzabili, fatti di trame e sottotrame talmente complicate da diventare, da un certo punto in poi, sostanzialmente (e serenamente) superflue. Il solo movimento della saga, ormai, va ricercato nell’evoluzione/invecchiamento di Cruise, con il diegetico e l’extradiegetico che dialogano continuamente senza soluzione di continuità. Il pensiero va, cambiando evo/i, alla saga di Harry Potter i cui attori, Radcliffe in testa, crescevano e maturavano insieme agli spettatori.

Se McQuarrie, quindi, sembra giocare meta-consapevolmente con temi e stilemi della saga, settati da De Palma ventidue anni fa, sono i segni del tempo sul corpo e sulle movenze di Tom Cruise che certificano uno scarto, una evoluzione della saga stessa in direzione crepuscolare. Il volto da eterno ragazzo di Ethan Hunt è solcato da qualche ruga, l’iconica corsetta impettita è diventata più lenta e macchinosa. E’ sempre Ethan Hunt ma non è più quel Ethan Hunt. La sceneggiatura si adegua, dando sempre maggior spazio al fatalismo, al rimpianto e all’accettazione dell’ineluttabile. Da un lato, l’Impossibilità della Missione è sempre più, autoparodicamente, eclatante (qui c’è in ballo un olocausto nucleare) ma dall’altro, parallelamente, l’Eroe appare sempre più provato, lontano dalla forma migliore e rassegnato a una vita priva di normalità, affetti e amore. Certo, continua a saltare, correre, arrampicarsi, guidare, volare e  menare le mani, ma il tutto ha un retrogusto sottilmente malinconico, quasi tragico. E letteralmente melodrammatico, vista la Love Story impossibile con Julia.
Per il resto, questo sesto capitolo funziona (anche) comunque a dovere per quello che ci si aspetta da un episodio della serie, con un McQuarrie particolarmente ispirato anche in fase di regia e – moderatamente – “coraggioso”. La sequenza del lancio col paracadute, molto ben risolta con un (falso) long take sostanzialmente insonorizzato, è una delle vette di tutta la saga e condensa, in pochi minuti, virtuosismo visivo, spettacolo da multisala, suspense area e, a ben vedere, anche una progressione drammatica, declinata alla costruzione dei personaggi: la natura sfuggente e ambigua di Cavill/Walker viene anticipata in maniera netta quanto, ancora (e giustamente), indecidibile.