TRAMA
Una bambina giapponese viene venduta dalla famiglia per lavorare come serva nella casa di una geisha. Nonostante le angherie di una sua accanita rivale, la ragazza, grazie alla protezione dell’affascinante Mameha, riesce a diventare la leggendaria geisha Sayuri. Colma di bellezza e talento, Sayuri seduce gli uomini più potenti dei suoi giorni, ma il suo cuore continuerà a battere per l’unico uomo che non potrà mai avere.
RECENSIONI
Non è semplice per un occidentale comprendere una figura ambigua come quella della geisha, spesso confusa come semplice prostituta in abiti sgargianti e pose plastiche, quando invece si tratta di una donna che ha fatto della capacità di intrattenere un'arte. Eleganza, grazia, raffinatezza, cultura, sono le doti richieste per poter entrare nel selettivo gruppo di ammaliatrici d'oriente. Il sontuoso film di Rob Marshall, acclamato coreografo e regista teatrale apprezzato per il debutto nel cinema con il sopravvalutato Chicago, si limita a dipingere l'esteriorità di questo mondo affascinante. L'omonimo romanzo di Athur Golden, nelle mani di Marshall, e con la produzione anche di Steven Spielberg, diventa un melodramma patinato e lussuoso molto attento ai dettagli scenografici, alla bellezza dei costumi, all'accuratezza dei gesti e all'esportabilità. La sceneggiatura fa iniziare il racconto nel 1929 e articola in una ventina d'anni l'ascesa e il declino della piccola Chiyo, che diventerà la geisha Sayuri. La narrazione si affida alla voce fuori campo della protagonista, in progressivo petulare, e a contrasti forti ma un po' frusti, dall'amore impossibile per il potente Direttore Generale, alla rivalità tra donne a suon di colpi bassi, ma non giunge mai all'essenza dei personaggi, limitandosi a coreografarne gli stati d'animo. Con frasi ad effetto che hanno la consistenza dei messaggi trovati nei dolcetti della felicità e dialoghi enfatici che sembrano uscire da romanzetti rosa con poche pretese. Inoltre, resta poco chiaro il motivo per cui tutti finiscano per soggiacere al fascino della protagonista e come mai in tutta Kyoto solo quattro geishe (le due navigate e le due giovani) si contendano la supremazia. Non mancano momenti riusciti, come lo stilizzato viaggio iniziale della piccola Chiyo venduta dalla famiglia d'origine, o il bellissimo fluire di un drappo rosso nell'acqua per evidenziare lo scorrere del tempo, ma a dominare sulle emozioni, raggelate, è la professionalità della macchina produttiva, composta da talenti più che affermati (da Pietro Scalia al montaggio, a John Williams alla colonna sonora). Quanto al cast, pazienza se le tre brave e intense protagoniste (Zhang Ziyi, Gong Li, Michelle Yeoh) non sono giapponesi ma cinesi. Il rischio, ben maggiore, era di dover subire la Zellweger e Richard Gere con occhi a mandorla posticci! Per fortuna anche l'occidentalizzazione dello sguardo, pur nella superficialità del risultato, si è posta dei limiti.