Fantascienza, Recensione

MATRIX REVOLUTIONS

TRAMA

Trinity e Neo si dirigono al cuore della città delle macchine, mentre Zion è assediata dalle sentinelle e Smith accresce il suo potere.

RECENSIONI

 

Fra equazioni e quesiti esistenziali

Parte seconda di un seguito dilatato per lo sfruttamento commerciale, le Rivoluzioni richiedono sinergia fra fede e amore per ottenere la pace. Si muta antagonista: dal banale conflitto uomo/macchina ad una lotta super-eroica fra l’Io, l’Es e la Realtà, fra ordine e caos, Yin e Yang, nichilismo e fede. Sono le affascinanti speculazioni filosofiche dei Wachowsky in un impianto altamente spettacolare, dove stasi trascendentale/sentimentale e azione s’alternano con più equilibrio che in Matrix Reloaded: si moltiplicano i fronti ed è resa più esplicita l’antropomorfizzazione di una matrice che, meccanica, virtuale o corporea che sia, si autodefinisce nel momento in cui manifesta il libero arbitrio. Il lungo brano iniziale con l’Uomo del Treno, la karma-famiglia, l’immancabile sparatoria rallentata e piroettata e il Club Fetish (che costumi!) è tanto superflua quanto appetibile, soprattutto per l’eloquenza (coincidenze e rischi riletti come conseguenze e costi) e gli indizi spirituali (la semantica dell’amore). I Wachowsky organizzano magnificamente anche la lunga Resistenza contro le seppie, fra esoscheletri Alieniani, trivelle robotiche e prove di coraggio. Hugo Weaving/Smith, grandissimo villain, è convinto che il paradosso di un universo contraffatto acquisti senso solo con la sua fine, perciò fagocita e distrugge tutto ciò che incontra, ruba gli occhi preveggenti e resta cieco. Neo gli si oppone solo in nome di una scelta (molto Zen, molto insolito), perde la vista ma vede oltre le apparenze, sfida il Sole come Icaro, lascia dietro di sé il cuore spezzato (la vittima sacrificale?) e contratta la salvezza annientando il proprio lato oscuro. Mentre l’Oracolo e l’Architetto giocano con le equazioni, i Wachowsky contemplano la chiusura (?) ambiziosa della loro saga: hanno tramato la complessità, risposto con scioltezza a grandi quesiti esistenziali e donato un nuovo enigma (la Realtà è ancora Matrix?).

In principio fu un inaspettato successo mondiale, capace di cambiare le coordinate del cinema di fantascienza. Con "Reloaded" i geniali fratelli Wachowski hanno ridisegnato i confini del marketing, creando un evento mediatico dal forte impatto ma vuoto di sostanza. Con l'ultimo (a questo punto si spera!) "Revolutions", si amplificano i difetti della gia' scricchiolante seconda parte: un lungo e noioso prologo dell'azione e un gran finale, roboante e tecnicamente ineccepibile, ma poco coinvolgente. A meno di non essere fan sfegatati della saga, e' davvero difficile riuscire a muoversi con agilita' tra i personaggi e le loro motivazioni, e purtroppo la sceneggiatura non si accontenta di dare indicazioni di massima sulla elementare contrapposizione tra buoni e cattivi, ma pretende anche di filosofeggiare. Il risultato sono lunghi e vuoti dialoghi in grado di tediare anche lo spettatore meglio predisposto, che all'ennesimo botta e risposta infarcito di misticismo d'accatto (un concentrato grossolano di saggezza zen in pillole e riferimenti biblici), spera in una strage rapida e risolutiva ad opera delle seppie meccaniche. Conversazioni tipo "Dove devo andare?" "Tu lo sai dove!" "Se io non sono io allora chi sono?" "Io voglio quello che vuole lei" rimbalzano sibilline per almeno meta' film svuotando di contenuto (e riempiendo d'aria) i presupposti dell'azione. Una figura carismatica come l'Oracolo, che doveva il suo fascino anche alla parsimonia delle sue apparizioni, svaluta il suo ruolo di guida onnisciente diventando invadente protagonista. I monosillabi di Neo sono infarciti di un irritante afflato guru e Keanu Reeves vaga pallido e stordito cercando di credere (almeno lui) al ruolo di novello Santone Informatico. La Trinity di Carrie-Anne Moss e' sempre piu' scipita e secca e la sua storia d'amore con Neo sempre piu' appiccicata. Per non parlare del Morpheus di Laurence Fishburne, determinante nel primo episodio, poi via via ridotto a massiccio figurante ed ora a legnosa comparsa. Il ritorno di Monica Bellucci regala un generoso decollete' ed una sola battuta, ma forse e' meglio cosi'. L'unica che dimostra un minimo di vitalita' e' la Niobe di Jada Pinkett-Smith. Poche le new-entry, una bambina indiana, dolce ed enigmatica quanto basta, e "L'uomo del treno", sul cui spessore e' bello tacere. Se la narrazione latita, anche l'azione, purtroppo, delude le aspettative. Yuen Wo Ping e' ormai come l'Oracolo, onnipresente, e le coreografie dei suoi combattimenti non sono piu' garanzia di stupore. Ha creato uno stile antigravitazionale, originale ed elegante, ma la sovraesposizione (da "La tigre e il dragone" a "Kill Bill") lo sta affondando. Anche l'occhio, quindi, si limita a osservare, ma non gode come vorrebbe. Se "Reloaded" poteva vantare alcune superlative sequenze, come lo spettacolare inseguimento in autostrada o la lotta tra Neo e gli agenti Smith clonati, in "Revolutions" l'assedio alla citta' sotterranea di Zion sperpera miliardi senza emozionare. Non convince nemmeno l'utilizzo del digitale nell'infuocata resa della cecita' di Neo o nel faccione seppiato e scomponibile del Dio delle Macchine. Tutto avviene nel rispetto delle previsioni, dai salvataggi in extremis alle vittime sacrificali, e nessuna vera sorpresa chiude degnamente la forzata trilogia, partita bene, segnando l'immaginario collettivo, ma ridotta a futile contenitore di slogan, loghi e glamour. Si affaccia pure lo spettro di un'ulteriore puntata ma il pubblico, nonostante il boom dell'esordio, sembra gia' dare segni di stanca (auscultare, al riguardo, i commenti post proiezione). Vedremo cosa l'onnipotente Dio Dollaro decidera'!

Non sono mai stato un fan della matrice, ma ho sempre ritenuto il primo The Matrix un “capolavoro preterintenzionale” [non starò a specificare i perché e i percome, confidando nella pregnanza semantica dell’agile definizione di cui sopra (della quale vado, in tutta onestà, abbastanza fiero), il cui potenziale impatto è però irrimediabilmente smorzato da questa (bi)parentesi che comunque lascerò per dovere di chiarezza espositiva]. Il Reloaded, (ri)diciamolo, era un buco nell’acqua, un film decisamente sbagliato, narrativamente inconsistente e mortalmente noioso. Questo Revolutions parte male, verboso, filosofeggiante e inconcludente (almeno per un “non adepto” ai lavori di esegesi matrixiana) ma poi si riprende decisamente, trasformandosi in onesto ma coinvolgente action-fanta-movie piuttosto convenzionale nel suo dipanarsi tramico e finanche “classico” nell’esporre le proprie strategie narrative (il giovane pischello che salva il mondo, gli svariati “arrivano i nostri” eccetera). La qual cosa non è, in fondo, un bene tout court. Se è vero, infatti, che è un assoluto sollievo non dover più subire il supplizio della logorrea esibita nella prima mezz’ora di pellicola, durante la quale chiunque apra bocca anche per pochi secondi sembra dover Enu/Annu-nciare Verità Epocali, è altrettanto vero che la “normalizzazione” di Matrix lascia l’amaro in bocca ed ha un effetto pure un po’ straniante (ma allora non ci va bene nulla!...). A conferma della preterintenzionalità, nella fattispecie solo inerziale, del primo Matrix, il pessimo Reloaded era stato comunque capace di stuzzicare letture interessanti rivelatesi, col senno di Revolutions, letteralmente pretestuose: la capacità di Neo di bloccare le seppie meccaniche con la sola imposizione delle mani, infatti, sembrava riproporre la “svolta” del primo capitolo, allorquando Neo, capito il trucco, riusciva a manipolare la realtà artificiale bloccando le pallottole a mezz’aria. Il fatto che lo stesso Neo fosse analogamente riuscito a bloccare anche le macchine nel “mondo reale” aveva lasciato supporre che quel mondo tanto “reale” non fosse, e che si trattasse “in realtà” di un sottolivello di Matrix nel quale Neo aveva imparato a “muoversi”. La qual cosa avrebbe avuto importanti implicazioni: non solo la realtà ci sarebbe imposta e la nostra vita controllata da “forze superiori” (il Sistema-Matrice del primo Matrix), ma anche chi si crede consapevole e pensa di “ribellarsi” è in realtà controllato da quello stesso Sistema che lo presuppone e lo costringe ad agire sempre al suo interno, saldamente e innocuamente sotto controllo. Stronzate. Matrix Revolutions vanifica questa stuzzicante chiave di (ri)lettura per approdare a lidi più sicuri e convenzionali (Neo ferma le seppie perché è l’Eletto, e come Eletto è uno strafigo che quasi tutto può) e riproporre, in maniera quasi didascalica e banalmente riepilogativa, gli arcinoti assunti di due film fa (il monologo finale del Sig.Smith sa di “Matrix spiegato a mio figlio”), nonché gli ormai inflazionati leitmotiv visivi (i ralenties, i freeze-frame rotanti eccetera). MR rimane, si diceva, un film d’azione fantascientifica altamente spettacolare, a tratti coinvolgente, ben costruito e dotato di un (ormai) residuale quid di profondità in più che lo distingue da un “normale” film di fantascienza movimentata. Se ci si accontenta di questo e si soprassiede sul look “donabbondio” di Neo, sul golfino grunge di Morpheus, sull’unica battuta pronunciata da Monica Bellucci (che in compenso mostra tette etimologicamente “esplosive”) e su un bel po’ di altre cose, non ci saranno revolutions in vista ma c’è comunque da divertirsi.