TRAMA
Desiderio è un giovane transessuale di carattere sensibile, generoso e pieno di vita. Dopo aver conosciuto Andrea, un bellissimo ragazzo che gestisce un autolavaggio, Desiderio decide di cambiare vita e di fare progetti per il futuro insieme a lui. Nonostante i due si amino, Desiderio viene a scoprire che Andrea è in procinto di sposarsi con una giovane cameriera, Maria.
RECENSIONI
Miracolo! Nell’Italia in cui si celebra ed ha più seguito il CEI Pride del Gay Pride è apparso un oggetto camp che cerca di alterare i falsi equilibri sui quali si adagia il cinema nostrano. Un oggetto senza padre, senza madre, senza una vera regia, che vive della simpatia di alcuni caratteristi e di una sola bella trovata (il collocare l’agriturismo tra l’acqua ed il fuoco, il mare ed il Vesuvio, l’uomo e la donna), del gusto dello sberleffo “moderato” e telefonato, che ripiega nella tradizione ogni volta che azzarda una trasgressione, senza smalto che non sia quello per le unghie, che non graffia e non morde, annegando nel qualunquismo quando chiama in causa la politica, stando attento a non mostrare troppo per non turbare la casalinga di Voghera. Mancando una traccia narrativa forte ed una vera direzione, il film inanella una serie di statici quadretti di vita ai margini più o meno divertenti e conferma, ahimè, più che il coraggio di alcuni produttori o registi, l’assoluta arretratezza culturale del nostro paese, i cui elementi più progressisti lanciano grida di giubilo di fronte ad una simpatica “cosetta” che altro non è che una brutta fotocopia di film media fattura sul medesimo argomento che altre cinematografie nazionali europee ed americane ci regalarono già dieci, venti, trenta anni fa, accompagnate, in quel caso, da un giustificato entusiasmo. Meglio tardi che mai?

Massimo Andrei azzarda l’opera trans, colorata e mattacchiona, coniugando nell’intenzione la commedia brillante napoletana all’ultimo grido della pellicola liberal. Ma Edoardo De Filippo non abita qui, neanche in subaffitto: il regista, povero Almodovar di Scampia, passeggia impunemente fra dialoghi composti da un Pippo Franco in luna calante, tenerezze da videoclip (Desiderio sculetta fra le pompe di benzina) ed un erotismo che neanche più la TV regionale padana. Questo presunto dramma, che si risolve in comicità involontaria, si fregia inoltre di una disonestà di fondo: spacciandosi per altro da sé (a confronto, la banda Parenti & Vanzina vanta una lealtà sconosciuta) intavola un discorso su omosessualità, conseguente razzismo e paura del diverso mettendo in trappola il pubblico. Lo spicciolo zapaterismo del film poco impiega a falsare i termini della questione: lo spirito gayo da sfilata brasileira costringe il problema nella gabbia dell’esibizionismo (i gay sono proprio simpatici, ancheggianti e sempre pronti alla battuta, vestiti da puttana ma con un cuore grande così), tanto grave quanto più non si parla di cinema d’invenzione ma di situazioni reali, dipinte col pennello spuntato di un imbianchino maldestro (un vecchio travestito si fa chiamare “mamma” dalla prole…). L’anima di nicchia dell’opera, lontano dalla megaproduzione e dal budget miliardario, sulla carta sarebbe da apprezzare ma non basta da sola a garantire un risultato dignitoso, soprattutto se rotola nel nulla con tale compassata noncuranza; i giovani attori italiani sarebbero da incoraggiare incondizionatamente se non fossero palesemente inespressivi, crocefissi da una sceneggiatura zeppa di colpi bassi o semplicemente da loro stessi, basti vedere la prova dell’imbalsamato Valerio Foglia Manzillo.
Il film ha vinto il premio della Settimana della Critica, ad ognuno le sue conclusioni.
