Drammatico

MARATHON

Titolo OriginaleMarathon
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2002
Durata74'
Sceneggiatura

TRAMA

Gretchen sta cercando di battere il proprio record personale: risolvere 77 cruciverba in 24 ore. La ragazza prende la metropolitana e percorre tutta New York intenta a compilare i giochi enigmistici che ha portato con sè. Registra i propri progressi con un sistema che può piacere solo a un’ossessiva-compulsiva come lei. La madre, intanto, continua a cercarla inutilmente a casa e lascia messaggi sulla segreteria telefonica.

RECENSIONI

Terza opera girata in America da un regista iraniano, il film racconta la maratona di una ragazza che, seguendo le orme materne, decide di battere il record personale di cruciverba completati nell'arco di ventiquattro ore. Alla maratona della protagonista, sempre in cerca di rumori in grado di isolarla per facilitare la concentrazione, si associa quello dello spettatore che segue la sfida personale della ragazza, inizialmente con curiosità, poi con tedio crescente. Di concreto accade poco e le sequenze diventano presto sovrapponibili. La gara ha un unico concorrente e un unico giudice, la ragazza protagonista, e si fa fatica a provare interesse per una fissazione al limite del patologico posta senza elementi di contrasto che la mettano in discussione.
Forse una metafora dei bisogni ossessivi dell'uomo, in cerca di sicurezze a cui aggrapparsi per affrontare l'ansia di vivere. Forse una critica alla competitività del sistema sociale in cui siamo immersi, dove l'agognato risultato non gratifica quanto le aspettative.
Qualsiasi fossero le intenzioni del regista, nel film sono pochi gli appigli a cui ispirarsi per trovare un'interpretazione. E le immagini comunicano sì ansia e ossessione, ma riciclano l'idea di partenza senza aggiungere dettagli significativi. Anche in questo caso, probabilmente, un cortometraggio sarebbe stato la dimensione ideale per il soggetto.

Secondo lo stesso Naderi, il suo Marathon è un’esperienza non esattamente piacevole per lo spettatore, ma la cosa ha un suo perché. Non sarò certo io a dargli torto. Posso in effetti capire la non gratuità delle lungaggini, delle ripetizioni, della snervante monotonia del film: si crea così una sorta di sintonia empatica protagonista-spettatore, entrambi “volontariamente costretti” a portare a termine un compito faticoso e per certi versi “disumano”. Il film, comunque, è godibile solo adottando questa chiave di lettura “al secondo grado”, perché al primo grado, Marathon è semplicemente noioso e interminabile (ma con un interessante uso del sonoro). Nota finale à la Mereghetti: girato in 35mm ma dalla qualità visiva inconfondibilmente video. Mistero (almeno per me...).