Horror, Recensione

MANDY

Titolo OriginaleMandy
NazioneU.S.A., Belgio
Anno Produzione2018
Genere
Durata121'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Nel 1983 il taglialegna Red e la pittrice Mandy conducono un’esistenza tranquilla e isolata in una zona boscosa del deserto del Mojave. Tuttavia, la loro vita idilliaca viene improvvisamente distrutta quando il sadico leader di un culto rapisce Mandy assieme al suo gruppo di demoni motociclisti, scatenando la furia vendicatrice di Red.

RECENSIONI

Non appena supera la metà, Mandy di Panos Cosmatos mette in evidenza il fulcro attorno al quale ruota: l’assottigliarsi del confine tra l’equilibrio dello spirito e l’inferno della carne.
La storia è quella di Red Miller e Mandy Bloom, una coppia di innamorati che vive un tranquillo clima familiare in una casa nel bosco. Il loro idillio si spezza quando, durante una passeggiata nella foresta, Mandy viene notata da Jeremiah, inquietante leader di una setta deviata. Jeremiah vuole la ragazza e ne organizza il violento rapimento. La resistenza della coppia è vana, si risvegliano legati e imbavagliati in mezzo agli adepti e agli spiriti maligni: lei viene brutalmente uccisa, lui vuole vendetta.
Fino a quel momento, l’orrore era rimasto confinato allo schermo di un vecchio televisore a tubo catodico sul quale scorrevano, ogni sera, le immagini di film horror. Mai nulla di concreto aveva ridotto la distanza tra la situazione di pace assoluta nella quale era immersa la coppia e quell’orrore viscerale apparentemente possibile solo negli incubi analogici su VHS. Eppure a un certo punto quel confine viene varcato, il male contamina la quiete e segna un punto di non ritorno. Non è quindi un caso che quel rituale satanico nel quale Mandy viene uccisa sia costruito su continue dissolvenze incrociate, in cui elementi appartenenti ai due mondi si contaminano tra loro, fondendosi in una nuova realtà dove lo scontro diventa inevitabile.

Ma quel che forse risalta di più all’occhio è la scena in cui il “bene” deve trasformarsi in “male” per prepararsi a ristabilire l’equilibrio: un mondo sospeso, quasi in pausa, che deve passare all’azione brutale e violenta, obbligato ad una vera e propria metamorfosi spirituale e fisica, fatta di urla di violenza e dolore. Un rito di passaggio che Panos Cosmatos racconta incastrando il proprio protagonista in uno spazio tridimensionale, che di primo impatto sembra avere la profondità fisica di un televisore a tubo catodico svuotato dello schermo: in quel momento Red Miller diventa protagonista degli horror splatter di cui prima era solo spettatore. Man mano che il personaggio si evolve, la camera si avvicina: lo spazio perde la profondità, il “tubo catodico” si appiattisce sulla realtà e l’inferno della carne rompe l’equilibrio dello spirito.
Da qui in avanti Mandy si trasforma, cambia marcia e segue un esagerato Nicolas Cage in un viaggio allucinato e distorto: mentre l’inferno invade la terra, sui televisori c’è spazio solo per il porno. Corpi nudi eccitatissimi che si scontrano tra loro in un’orgia di movimenti, quasi a fare da contraltare a quegli elementi di un certo immaginario cinematografico dell’orrore che stanno inondando il mondo, avvolti da una nube di fumi colorati e neon fluorescenti. Nell’universo creato da Cosmatos sembra ormai di trovarsi nella “Casa” di Raimi, popolata dai freaks del Texas Chainsaw Massacre di Tobe Hooper e dai Cenobiti di Clive Barker, il tutto immerso in quell’atmosfera lisergica del “Valhalla” di Refn o delle “Streghe” di Rob Zombie. Senza che però nulla di tutto questo dia mai l’impressione di trovarsi all’interno di uno sterile giochino di citazioni, quanto piuttosto di fronte all’evidenza che quando quell’immaginario si riverserà nel nostro, sarà arrivato il momento di imbracciare le motoseghe.