Azione, Recensione, Thriller

L’UOMO SUL TRENO

Titolo OriginaleThe Commuter
NazioneU.S.A./Francia/Gran Bretagna
Anno Produzione2018
Durata104'
Fotografia

TRAMA

È una brutta giornata per Michael McCauley. Dopo dieci anni di viaggi in treno da Tarrytown a Manhattan, dove lavora come assicuratore, apprende di essere stato licenziato. Nel viaggio di ritorno verso casa incontra una sconosciuta che gli offre centomila dollari se riuscirà a identificare sul treno un passeggero di nome Prinn. Dapprima Michael pensa si tratti di uno scherzo, ma trova i soldi nel punto esatto indicato dalla donna. Con la scoperta del denaro cominciano i guai.

RECENSIONI

Liam Neeson è ormai icona di uomo sgualcito dalla vita costretto dagli eventi a salvare qualche membro della sua famiglia o a sventare intrighi internazionali, spesso entrambe le cose. Per raggiungere il suo scopo è disposto a tutto, ma per lo più prende a botte, soprattutto quando il minutaggio stringe, chiunque gli capiti a tiro. Con lo spagnolo Jaume Collet-Serra ha già collaborato tre volte, la penultima (Non-Stop, del 2014, stranamente nel nostro paese distribuito con il contagocce) piuttosto simile a The Commuter nel proporre la combine complotto su mezzo di trasporto. All’aereo si sostituisce infatti il treno e il plot fa incontrare Alfred Hitchcock (sconosciuti in carrozza che fanno proposte azzardate) con Agatha Christie (chi sarà il passeggero misterioso?). La prima parte, quella che imbastisce la vicenda, gode di una messa in scena efficace, sia perché le coordinate narrative sono in corsa come il treno e hanno modo di agganciare immediatamente lo spettatore bloccandogli, almeno nell’immediato, gli interrogativi sul nascere, ma anche per la capacità che il film ha di contestualizzare la vicenda senza perdersi nell’anonimato di una geografia vaga. Quella che destabilizza il protagonista non è una minaccia generica, ma colpisce proprio lui che va tutti i giorni da Tarrytown a Manhattan e i dettagli fanno la differenza perché danno credibilità all’improbabile soggetto.

Come spesso accade le premesse sono migliori degli sviluppi che giocano costantemente al rialzo rendendo sempre più implausibili, e difficili da giustificare, le tappe verso la soluzione dell’intreccio. L’ansia da colpo di scena finisce quindi per stritolare il film impedendogli di uscire dalla griglia del genere che vuole che ogni interrogativo trovi forzata risposta (e che l’ordinary man, come da stereotipo, non sia poi così ordinary ma abbia un passato da poliziotto). Nella seconda parte un’azione stordente prende quindi il sopravvento e vanifica un po’ il tentativo di imprimere personalità all’opera. Peccato perché Collet-Serra ha raffinatezze visive estranee alla media degli action in circolazione. Basta pensare alla bellissima sequenza iniziale che, senza l’ausilio di didascalie e con la sola forza delle immagini, mostra carattere e abitudini del protagonista nel succedersi delle stagioni e di risvegli sempre uguali ma sempre diversi. Poi le finezze cedono il posto agli sganassoni e alla voracità di un thriller non servito da uno script sufficientemente compatto. Se il risultato scricchiola, ma regge, gran parte del merito è dell’icona che Neeson veste alla perfezione e dell’umanità che trapela nelle scelte non sempre lungimiranti del suo personaggio. Se il film non deraglia insieme al treno è proprio grazie alla sua maschera dolente e rabbiosa, da cui ci lasciamo condurre fiduciosi. Il resto fa solo rumore e si dimentica in fretta.