TRAMA
Sceso dal treno, un uomo è percosso da alcuni teppisti, che gli rubano tutto, e perde la memoria.
RECENSIONI
Presentato in concorso al Festival di Cannes 2002 (dove ha vinto il Premio Speciale della Giuria e quello per la migliore interpretazione femminile), il nuovo film di Aki Kaurismaki è stato proposto in anteprima al pubblico italiano nellambito di Sotto le Stelle del Cinema, la principale rassegna cinematografica estiva bolognese. Pretesto (ma era inevitabile trovarne uno?) della proiezione, lomaggio che la Cineteca rende in questi mesi a Zavattini in occasione del suo primo centenario; laccostamento è del resto legittimato dallo stesso Kaurismaki, che, in un messaggio scritto per loccasione (e contenente una piccola perla: il mio penultimo lavoro era muto e in bianco e nero, per darvi unidea del mio fiuto per gli affari), ha affermato di volere andare avanti verso un passato sempre più melodrammaticamente neorealista, seguendo la strada aperta da Cesare Zavattini.
Andare avanti verso il passato: proprio quello che (non) tenta di fare il protagonista de LUomo Senza Passato (in uscita nelle sale italiane a Natale), poco interessato a ricordare ciò che ha dimenticato, totalmente dedito a una faticosa, ma non spiacevole, creazione ab ovo di un nuovo passato: una casa, un impiego, una donna, degli amici. Il fatto di non avere nome o documenti gli complica non poco lesistenza (quasi tutti, specie nelle alte sfere degli uffici di collocamento, degli ospedali e dei commissariati lo trattano da bugiardo, da pazzo o da cadavere), ma non gli impedisce di costruirsi unidentità, e se nel prefinale luomo scopre infine chi è (stato), la cosa importante è che ora sa finalmente chi vuole essere (e, quindi, chi è in realtà).
Il tema dellamnesia, di gran moda negli ultimi tempi (Memento, Mulholland Drive, Novo, Spider), serve al regista per allestire una commedia ghiacciata e corrosiva, in cui lasprezza dei temi (crisi economiche, professionali, sociali e personali investono tutti i personaggi, eccettuati i teppisti del prologo, che non fanno comunque una bella fine) è sottolineata, senza essere vacuamente enfatizzata, da un umorismo che evita tanto il pietismo quanto la boria superficiale che oggi è contrabbandata per ironia. Rovesciando stereotipi e aspettative (la moglie capo di casa che manda il marito a fare la spesa e controlla implacabile come spende la paga, il cane da guardia che si chiama Hannibal ma è una cagnetta dolcissima), iterando le figure del racconto [la ripetuta spoliazione dei corpi (quasi) inanimati], inserendo in situazioni non comiche esilaranti elementi di disturbo (la scena nella banca in disarmo, il container provvisto di juke-box, lavvocato con un bizzarro disturbo alla favella) e citazioni inattese (una per tutte, LUomo Invisibile), Kaurismaki rende surreale (o meglio sous reale, nel gioco di sottotono e sfumature), ma per nulla ridicola, una vicenda tragica (luomo abbandonato da dio e dai suoi simili) che trova nella luce e nei colori densi e luminosi di Timo Salminen e nelle musiche fuori luogo (il rock e la canzone melodica che si fanno strada negli inni dellEsercito della Salvezza) la spinta necessaria a raggiungere un finale un po troppo lieto, e quindi perfetto per questa fiaba al confine fra mare e cielo, metropoli e campagna, che procede inarrestabile lungo i binari dellintelligenza e della straniata simpatia, lasciandosi presto alle spalle unombra di maniera.
L'aspetto piu' interessante del nuovo film di Aki Kaurismaki e' l'incredibile ottimismo che permea l'intera pellicola. L'atmosfera dei luoghi, i volti dei personaggi che popolano la deriva finlandese raccontata dal regista, potrebbero virare con credibilita' al tragico o comunque al cupo. Invece il film trova una sua strada tra il grottesco e il surreale che lo rende una favola intrisa di malinconia ma ricca di speranza. Lode quindi a Kaurismaki per lo sguardo positivo e controcorrente con cui illumina il destino dei suoi personaggi, ma l'originalita' dello stile non riesce completamente a supportare una storia in fondo banale di perdita di identita' e conseguente nuova vita. Troppe le ovvieta' (vogliamo chiamarle citazioni?) che annacquano la visione e troppi i dialoghi che sfumano in battute prive di verve o usurate (se in un film dei Vanzina scopriamo che il temuto cane Hannibal e' in realta' un innocuo bastardino in cerca di coccole diciamo che e' banale, perche' in un film di Kaurismaki dovremmo ridere?)
Anche la recitazione straniata e stranita degli attori si rivela apprezzabile nella destrutturazione delle convenzioni cinematografiche, ma limita il coinvolgimento. Kati Outinen (premiata a Cannes per la sua interpretazione) riesce nell'immobilita' di gesti e sguardi a trasmettere tutto il dolore del suo personaggio di donna logorata dalla vita. E' invece piu' difficile entrare in contatto con l'interiorita' del protagonista Markku Peltola, nonostante uno stile recitativo similare. La differenza deriva probabilmente dalla diversa espressivita' degli attori, ma e' anche causata dal modo in cui sono caratterizzati i personaggi: lei sappiamo cosa fa e intuiamo con pochi tratti il suo passato; di lui non conosciamo, ed e' il fondamento del soggetto, nulla. La stessa recitazione contratta, applicata a personaggi da motivazioni cosi' diverse, finisce con l'appiattire la resa finale e pare piu' che altro un vezzo non giustificato dalla narrazione. Alcuni momenti di geniale follia illuminano il racconto, come la trasformazione del protagonista in improvvisato impresario musicale o la divertente rapina in banca, ma spesso si percepisce la forzatura di imprimere un piglio personale che stride con la razionalita' di una storia in fondo tradizionale, con personaggi che cominciano in un modo e finiscono in modo completamente diverso. Si dira' che Kaurismaki e' cosi', prendere o lasciare, ma evitando drastici giudizi unilaterali, si puo' ipotizzare un'interpretazione dai contorni sfumati in cui "L'uomo senza passato" ha elementi per affascinare, qualche furbizia e un po' di briglie autoriali.