
TRAMA
1873: un gruppo di reduci sudisti scorrazza rapinando banche, guidato da un capo crudele che gli uomini, ad un certo punto, preferiscono abbandonare. Questi si unisce agli inseguitori dello sceriffo e medita vendetta.
RECENSIONI
Il modello cinematografico di riferimento di Geoff Murphy, come nel precedente Young Guns II, è il western popolato di antieroi, dove i veri nemici, in fondo, sono gli uomini di legge al servizio del capitale. Un cinema di frontiera maschio, epico, al ralenti, violento e disperato: in un nome, Sam Peckinpah. Con il valore aggiunto, alla sceneggiatura, di Eric Red, che marchia sempre a fuoco le opere con un tocco personalissimo: violenza lucida ed efferata, situazioni estreme, invenzioni non qualunquistiche, idee motrici (soggetti di partenza) originali, studio delle conseguenze sull’essere umano della paura e analisi dei meccanismi psicologici in atto nei giochi di potere. Il bolso e compiaciuto Mickey Rourke, con l’attore che si confonde con il ruolo, è un’altra, tipica figura “leggendaria” rediana: persevera nell’imitare Marlon Brando in modo affettato, con espressioni mummificate, trucco vistoso e gigionismo; il suo personaggio, però, è diabolico, inquietante e onnipotente (perché morto dentro, senza più remore) come quello di Rutger Hauer in The Hitcher. L’opponente (Dermot Mulroney) si chiama Eustis, ovvero “justice-giustizia”: Red non manca di disseminare simbolismi e riflessioni più articolate, come quella sulla leadership che richiede fermezza e inflessibilità. Murphy, invece, imprime al film, sin dalle prime battute, un ritmo mozzafiato, il suo è un thriller di inseguimento e vendetta fra le pianure e le rocce selvagge del mitico West: il suo piglio è crudele, truce e apocalittico, zoppicante in certe forzature (è inverosimile che gli inseguitori eleggano come capo l’inseguito o che si sparino con tale leggerezza fra di loro), ancor più apprezzabile se si pensa che è “solo” una produzione per la tv via cavo HBO.
