TRAMA
Parigi. Anne, afflitta da vuoti di memoria, non riconosce più suo marito; il capitano Nearteaux indaga sul ritrovamento di tre cadaveri sfigurati con l’aiuto di Schiffer, poliziotto violento e compromesso. Le due storie si incontrano.
RECENSIONI
Dalla penna di Grangé, già colpevole de I FIUMI DI PORPORA, ecco una delle peggiori degenerazioni dell’ultimo cinema commerciale: l’action thriller francese. Che siano Kassovitz, Besson/Dahan o il misconosciuto Chris Nahon a metterci mano il prodotto non cambia, presentando alcuni tratti tipici: l’intreccio giallo/horror esoterico, tra superstizione e fantapolitica (qui abbiamo un gruppo neonazista ma EUROPA di Lars Von Trier era tutt’altra cosa), il canovaccio della metropoli schiva e piovosa, aberrazioni di varia risma (tra genetica deviata e spaccio internazionale), la coppia di poliziotti opposti ma speculari ed infine la presenza di Jean Reno, un ex attore ormai macchietta allo sbando (lo sbirro manesco, roco ed incazzato). Se vogliamo entrare nello specifico (ma è inutile, risultando così evidente lo schema) il film tiene nella primissima parte, pur fotocopiando impunemente il cliché sull’identità; poi la situazione diventa confusa, i turchi si rivelano tutti un branco di porci criminali (roba da nota diplomatica), i poliziotti sgambettano tra sparate rock, figure inutilizzate (la povera Morante) e gli aspri rilievi dell’Anatolia. Oltretutto Nahon fa la figura dell’ultimo arrivato: incapace di risolvere una sequenza d’azione se non in totale confusione - la regola: se due corpi sono avvinghiati non si distingueranno visivamente l’uno dall’altro -, non decide di arrendersi con onore ma la tira per le lunghissime, sposando la prolissità come ultima dea.