Animazione

LE AVVENTURE DEL TOPINO DESPEREAUX

Titolo OriginaleThe Tale of Despereaux
NazioneU.S.A./ Gran Bretagna
Anno Produzione2008
Durata100'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio

TRAMA

In un’epoca lontana, nel remoto regno di Dor, ogni speranza sembra perduta fino alla nascita di Despereaux che, pur essendo un topo, impara a leggere libri e stringe amicizia con una principessa di nome Pea. Scacciato dal mondo dei topi per la sua natura più umana che “topesca”, Despereaux riuscirà suo malgrado a diventare un eroe.

RECENSIONI

In origine c'è l'omonimo libro per bambini del 2003 di Kate DiCamillo, favola gentile in cui un topolino dimostra il proprio valore superando pregiudizi e difficoltà grazie a una grande determinazione e a un forte coraggio. La versione tridimensionale è affidata all'esperto animatore Rob Stevenhagen e a Sam Fell, già co-regista del non irresistibile Giù per il tubo. La sontuosa co-produzione anglo-americana partorisce però, è proprio il caso di dirlo, un topolino. Già la scelta di un ennesimo protagonista roditore non è delle più accattivanti, Ratatouille è ancora fresco, ma a ridurre l'interesse è proprio l'entità dei conflitti messi in scena. Una regina muore di spavento nel vedere un topo, gli abitanti del regno di fantasia in cui è ambientata la vicenda sembrano vivere unicamente per il “Giorno della zuppa”, bandire topi e zuppa porta all'infelicità collettiva. Sì, certo, si tratta di una favola, la metafora è dietro l'angolo, ma l'impostazione del racconto pare avere un respiro limitato, perlomeno alla prima infanzia. Aspetto che stride con la particolare cura dell'aspetto visivo, molto originale nella scelta di toni cromatici delicati, di evidente derivazione pittorica (i fiamminghi in particolare), delle luci, per lo più tenui e soffuse, con ombre molto morbide, in grado di creare una magica aura di sospensione, e dell'animazione, semplice eppure sofisticatissima, con attenzione al minimo dettaglio e grandissima cura nella resa espressiva dei personaggi. Eppure tanta attenzione agli aspetti tecnici, che diventano parte integrante del racconto in quanto ne determinano con pregnanza l'atmosfera, non è supportata da un'adeguata sceneggiatura, decisamente piatta. Gli sviluppi si susseguono infatti nell'incapacità di avvincere, con una scansione piuttosto meccanica tra difficoltà e relativo superamento e vari passaggi, soprattutto nella parte finale, piuttosto forzati a un ottimismo tanto rassicurante quanto superficiale. Non brilla nemmeno la caratterizzazione dei personaggi, tutti ancorati al proprio aggettivo di riferimento e mai davvero vitali e sfaccettati, quindi credibili, nel fronteggiare gli eventi. Senza troppe sorprese la favola giunge così al lieto fine. Con grazia e solidità visiva, ma poca verve.

Anche la Universal tenta di accaparrarsi una fetta del mercato ex-Disney, utilizzando manodopera europea: a livello di animazione (movenze) e tratto (schizzo dei caratteri) è tutto troppo legnoso, con i disegnatori che cercano di imitare l’universo dello Shrek della DreamWorks (vedi il personaggio ‘Maialina’) e che, pur ispirandosi alla pittura fiamminga, falliscono nei giochi di chiaroscuro per le espressioni e nella tavolozza di colori che dia vita ai personaggi. Piace, però, la stilizzazione che ricorda, in povero, La Bella Addormentata nel Bosco nel rievocare disegni medievali (le favole che prendono vita), citare pittori (il “genio” della verdura Boldo richiama Giuseppe Arcimboldo) e creare ex-novo i fondali (quelli di Topolandia e Rattolandia, con edifici di riciclaggio degli scarti umani). A impreziosire del tutto l’operazione, però, è il racconto di Kate DiCamillo, ben adattato da Gary Ross (tranne quando copia Ratatouille fra topi incantati dalle pietanze e cavalieri sulla spalla degli esseri umani), che parte riciclando e citando (I Viaggi di Gulliver, con la principessa legata e i ratti; Dumbo con le orecchie volanti di Despereaux) ma finisce per acquisire un piglio morale e adulto tutto suo, atto ad insegnare che il Male non esiste di per sé, ma è una conseguenza della sofferenza che il perdono può far scomparire. Del dolore c’è chi ne fa tristezza infinita (il Re), con conseguenze anche inique, e chi lo trasforma in rabbia (Roscuro) fino alla crudeltà: il circolo vizioso accresce le proprie spire perché il cuore si indurisce. Nel racconto è contenuta anche la morale del coraggio e dell’onore (quella di Despereaux), ma non è sfoggiata con il manicheismo politicamente corretto di tanti cartoon simili: Despereaux va contro le regole della propria comunità, disubbidisce e si fa bandire, ma non in nome di un fine più alto, bensì della mera curiosità che prescinde da tutto e tutti. Bellissima anche l’inaspettata deviazione della (dalla) trama che si concentra su di una serva brutta ed invidiosa della principessa che, in qualche modo, otterrà ciò che agogna. Il regista Sam Fell, invece, pare abbonato a topi, ratti e fogne (Giù per il Tubo).