Drammatico, Recensione, Western

LAWLESS

Titolo OriginaleLawless
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2012
Durata120'
Sceneggiatura
Tratto dadal romanzo “La contea più fradicia del mondo”
Fotografia
Scenografia

TRAMA

I fratelli Bondurant della contea di Franklin in Virginia vivono durante l’epoca del proibizionismo e sono considerati personaggi leggendari, quasi immortali. Se Howard, il più grande, è un reduce dagli orrori della prima guerra mondiale, e Forrest è un uomo sicuro di sé e carismatico, Jack, il più piccolo è amante della bella vita e del denaro. I tre fratelli iniziano a distillare clandestinamente alcolici senza mai immischiarsi con i gangster della città che si uccidono tra di loro. Ambiziosi di realizzare tutti i loro sogni, attirano però l’attenzione di Charlie Rakes, rappresentante della legge corrotto e feroce arrivato direttamente da Chicago, con cui inizieranno una guerra all’ultimo sangue per difendere le loro terre, le loro donne e la loro famiglia.

RECENSIONI

Se chiudiamo gli occhi e pensiamo al mid-west americano durante la grande depressione e il proibizionismo ci vengono in mente città enormi, fitte di gangster azzimati che si trivellano vicendevolmente, e campagne sterminate prive di opportunità in cui l 'unico modo per sopravvivere è cedere all'illecito. John Hillcoat  ricalca questo immaginario ben sedimentato soffermandosi sui microcosmi rurali e, per dar vita alla sceneggiatura del fidato conterraneo Nick Cave (già più volte suo collaboratore)  tratta dal romanzo 'La contea più fradicia del mondo' di Matt Bondurant (nipote di Jack, il più mite dei tre protagonisti), costruisce e fa muovere i personaggi come se fossero icone: tre fratelli borderline (il duro, anzi durissimo, l'impulsivo e il sensibile), la bella, la timorata, il boss e il rappresentante della legge corrotto e più cattivo degli altri.

La loro adesione agli stereotipi è evidente fin dal modo in cui sono vestiti ed è interessante un'analisi del film attraverso i costumi, quasi una divisa per i personaggi e per il leggendario che sono chiamati a incarnare: la corazza di un maglione per tutte le stagioni per il monolitico e più coriaceo dei fratelli, gli stracci per quello mediano e meno autorevole, il rosso del mistero per la bella da saloon che diventa rosa pallido quando i sentimenti trovano appagamento nell'amore, un'inappuntabile eleganza per il cattivo che vive di apparenze, un sacco di iuta, tradito per un abito seducente che rappresenta la fuga dalle regole tacite della comunità (e finirà bruciato), per la vergine devota alla fede e alla famiglia. L'unico che varia stile, e passa dalla più totale sciatteria al doppiopetto lussuoso, è il solo personaggio che cambia davvero nel corso della narrazione, quel piccolino sempre bisognoso di protezione, pauroso e sbeffeggiato che dovrà dimostrare, nella resa dei conti finale, di essere definitivamente cresciuto.

Al di là della cura formale, però, esplicitata anche dai toni cupi della efficace fotografia di Benoît Delhomme, il problema evidente del film è che, pur giocando con il mito, non riesce mai a rendere mitica l'azione. Potrebbe sembrare una scelta voluta quella di mantenere le distanze, ma la visceralità dei conflitti, la violenza continuamente esibita, l'epicità dell'afflato, lasciano intendere tutt'altro. Si percepisce nettamente, infatti, più che la presenza di sottotesti di rilievo, un blackout tra le promesse insite nel racconto e la piattezza del risultato. Il film opta per un approccio classico (a partire dalla voice over che inquadra gli eventi) e incrocia il gangster movie con atmosfere western, ma scorre nell'assenza di picchi, limitandosi a perseguire il noto senza ammantarlo di personalità.

Non si vede nulla di nuovo rispetto agli epigoni del genere, ma le stesse dinamiche e situazioni con meno mordente. L'intrattenimento è garantito da un cast all star, migliore dei personaggi, figurine bidimensionali con la sola freccia di un’unica etichetta al proprio arco. Tra l’altro, l'imperturbabilità dei protagonisti non sfocia mai in carisma, il che stride con i toni leggendari più volte suggeriti. Paradossalmente nemmeno lo score di Nick Cave, in sé bello ed evocativo, regala qualche guizzo, perché raggela laddove avrebbe invece potuto esaltare. E il retrogusto, pur nel rispetto delle convenzioni a cui l'opera soggiace, e forse proprio per il fatto che da tali convenzioni non riesce a distaccarsi, è soprattutto di un’occasione mancata.

Dall’Australia, John Hillcoat e Nick Cave (sceneggiatore e autore delle musiche con Warren Wllis) si riuniscono in territorio statunitense dopo La Proposta, reiterando quella comunità di intenti per cui la messinscena dell’uno evoca l’atmosfera delle canzoni dell’altro: svolgono il loro sguardo, questa volta, al passato degli Stati Uniti, avendo sempre a che fare con una banda di fratelli lawless (fuorilegge), con l’archetipo del maggiore “temuto” e del minore fonte di guai, e sempre fotografando, con piglio sanguigno, un periodo dove la Legge non rimarcava i buoni dai cattivi. Ancora mitopoiesi dei devianti, a loro modo più “poetici” (il codice morale e le parole sagge di Forrest Bondurant), ancora Guy Pearce, stavolta non eroe ma villain, unica nota stonata del film per il suo personaggio oltremodo sopra le righe. Ancora pregevole immersione storica: la qualità migliore del cinema di Hillcoat, se non alberga in stilemi o drammaturgia originali, è di sinergia delle componenti cinematografiche per immergere completamente i sensi in una data atmosfera. Campagnola, in questo caso, e si sente l’odore del tabacco, il sapore del whisky, circondati da fango e sterco: quando appare una “fata” cittadina come Jessica Chastain, sortisce il medesimo effetto sugli ospiti della bettola in cui la ragazza cerca lavoro e sugli spettatori. Ancora (nota distintiva di Hillcoat) cinema western (revisionista, moderno) mascherato, per quanto declinato nel crime movie anni trenta con cui Hollywood parteggiava con i gangster contro lo Stato e i suoi scagnozzi o, al limite, li trasformava in attraenti figure romantiche da abbattere: Hillcoat e Cave ereditano tali intenzioni (distinguendosi da una miriade di pellicole simili per trama e ambientazione storica), votati a costruire la Leggenda, soprattutto intorno al personaggio di Forrest, invincibile fino alla rivelazione finale. Tratto dal romanzo “La contea più fradicia del mondo” di Matt Bondurant, nipote di Jack, per dire “storia vera”. Grande fotografia di Benoît Delhomme.