TRAMA
Il professor Rick Marshall è deriso per le sue teorie su mondi paralleli raggiungibili con una macchina che amplifica i tachioni. Una sua studentessa lo esorta a costruirla e, insieme con la guida del Tunnel dell’Orrore, finiscono in una terra perduta, dove incontrano un primate, un T-Rex e un alieno.
RECENSIONI
I creatori dell’omonima serie Tv (1974-1977), Sid e Marty Krofft, offrono lo spunto e producono, ma la pellicola è un tipico film demenziale alla Will Ferrell & co. (produttore esecutivo è Adam McKay, suo storico compagno di disavventure). A sorprendere, semmai, è la firma di Brad Silberling, piccolo autore ossessionato dal tema della morte: grazie alla sua intelligenza, per lo meno, il prodotto è spassoso, non solamente affidato a battute scatologiche e sessuali, con le giuste dosi di raffinatezza figurativa e invenzioni stile Lemony Snicket (alla scenografia il geniale Bo Welch che, anche per omaggiare l’originale, opta per un look artificioso, di gomma, da fantahorror di serie B). Spassosa la reiterata gag di un presuntuoso Will Ferrell che minimizza la pericolosità del T-Rex (perché ha un cervello grande come una noce) fino a farlo incazzare; da citare anche la scena del trip acido nel motel del deserto, l’idea della macchina del tempo che suona Chorus Line (nenia per i piccoli pterodattili) e i litigi fra Ferrell e il Matt Lauer del “Today show”. Silberling cerca anche di non dare tregua nello spettacolo fantasy, come rincorresse la formula vincente di Una Notte al Museo (per altro citato) e gli effetti speciali sono discreti (buoni nelle movenze, meno nelle rifiniture dei dinosauri). In opere come questa il punto debole è la drammaturgia: ogni volta che lo svolgimento del racconto diventa protagonista o si prende “sul serio”, il tutto si impoverisce. Il coraggio del demenziale puro, per quanto agganciato minimamente ad un canovaccio, avrebbe reso molto di più.