Drammatico, Recensione

L’AMORE MOLESTO

NazioneItalia
Anno Produzione1995
Durata100'

TRAMA

Delia torna a Napoli alla notizia che la madre è morta annegata. Scopre che aveva una vita sessuale molto attiva.

RECENSIONI

Nell’uso espressivo della fotografia, alla Bertolucci/Storaro, il color fuoco-algido di Morte di un Matematico Napoletano diventa il rosso della sensualità e il blu della memoria, incorniciati dai pastelli cupi e crepuscolari di Luca Bigazzi. Anche prendendo spunto dallo scabroso romanzo di Elena Ferrante, Martone ripercorre le vie del film d’esordio citato (e, ahinoi, l’incomprensibile dialetto stretto di Rasoi): il puzzle psicologico della misteriosa figura protagonista si ricompone, intricato ed infine sfumato, muovendosi in una Napoli inedita, fra le maglie di un labirinto sospeso nel Tempo, con preziosi innesti di passato/presente e realtà/immaginazione, rincorrendo una straordinaria atmosfera tempestata di pulsioni inconsce (per lo più erotiche, morbose). Ci sono la sessualità anziana (la coraggiosa Angela Luce) e quella repressa (la Brava Bonaiuto e l’amore molesto, non gradito) attorniate da inquietanti figure maschili/iste in una città vista con occhi completamente differenti dal film con Carlo Cecchi, immersa nella pioggia (de)cadente, nel caos acustico e umano. In Martone, purtroppo, la complessità scaturisce più dalle omissioni che dalle attitudini: la sua opera affascina per i fantasmi che evoca e, al contempo, irrita per la scrittura freddo-algebrica lavorata in un dedalo che vuole essere sfuggente a prescindere dalla propria geometria. L’arma è a doppio taglio quando gli spazi vuoti che anelano all’ambiguità sono artificiosi perché fini a se stessi e viceversa. Sebbene non possa aspirare a tanto, Martone riesce comunque a lambire i contorti (ma più ineccepibili) giardini di Greenaway e le diaboliche (ma più compiute) perverse matrici sessuali di Polanski (fra transfert madre-figlia e un vestito rosso che pare possedere chi lo indossa). Un’opera che, solo se tradotta (alla prima nazionale a Torino aveva i sottotitoli), vale la pena di ri-scoprire (ascoltare).