TRAMA
Nel rione Luzzati di una Napoli anni cinquanta, Lenù ci racconta della sua amicizia, fra affetto e competizione, con l’incontenibile Lila, la più brava a scuola ma anche quella costretta a interrompere gli studi dovendo andare a lavorare.
RECENSIONI
Sotto l’occhio vigile della misteriosa Elena Ferrante, la cui identità è rimasta celata anche alla produzione, Saverio Costanzo traspone fedelmente ma cinematograficamente il suo best seller, insieme memoriale e di formazione, con linfa vitale nel rapporto costante e deteriorabile fra Lila e Lenù, caratteri opposti e con ambigua reciprocità, in una cornice anche spigolosa da Cuore dickensiano, con genesi ambientale criminale da C’era una Volta in America e ritratto d’infanzia sospeso fra dura realtà e fuga magica (Costanzo ha parlato di neorealismo astratto). La ricostruzione di un rione di Napoli del dopoguerra (con facciate, estesi studi di posa, computer grafica) e il tuffo in usi e costumi del passato contornano il preciso disegno dei comprimari che le accompagnano nella crescita: i modi eleganti rincorrono la sinergia di melodramma popolare e letteratura forbita, rimandi alla storia del Cinema e richiami all’evoluzione nel benessere con accentuazione dei colori nella fotografia. A infiammare questo sceneggiato che potrebbe essere l’ideale continuazione della Storia di Comencini, però, è il casting, in particolar modo la scelta delle attrici che interpretano l’irruenta Lila, Ludovica Nasti da piccola e Gaia Girace da grande. Già peculiare sulla carta, il disegno di Lila trova il perfetto corrispettivo nel volto e nei modi di un corpo e di una mimica attoriale, dando vita ad un carattere ribelle alle convenzioni e imposizioni di un mondo di uomini, avido di sapere (“Più sappiamo cose, meno fanno paura”), portato ad agire indifferente alle conseguenze, poco propenso a rivelare le intenzioni di un’indole fiera e rabbiosa. Meno indovinati e ben diretti i modi e l’attrice per Lenù da grande (Margherita Mazzucco), figura finanche repulsiva, inespressiva e inane oltre le intenzioni.
Costanzo incanta guardando il mondo ad altezza infanzia, nei momenti di sogno, nella trasgressione che supera le paure e scopre nuovi mondi: se restituisce la corposità e le sfaccettature del romanzo accrescendone le potenzialità con il mezzo cinematografico, al contempo serve la propria poetica che ama scandagliare microcosmi (segnati anche nello spazio, con Luzzati separato dal resto del mondo da una galleria) e trasformare in thriller (non solo) psicologico le ossessioni e La Solitudine Dei Numeri Primi che, in questo caso, recalcitranti e consci di un’intransigenza che non darà sbocchi (Lila), vivono attraverso una figura vicaria, geniale solo di nome (Lenù), mentre i sogni della testa sono finiti sotto i piedi (il negozio di scarpe). Per mezzi e impatto internazionale, è uno dei parti più importanti di RAI Fiction, co-prodotto da Fandango e HBO, con voce narrante di Alba Rohrwacher, compagna del regista, e produzione esecutiva di Paolo Sorrentino. Visione integrale su Timvision, censurata su Rai.