Drammatico, Recensione

LA SCOMPARSA DI ELEANOR RIGBY

Titolo OriginaleThe Disappearance of Eleanor Rigby - Them
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2013
Durata122'
Sceneggiatura
Scenografia
Musiche

TRAMA

Lui. Lei. Un lutto terribile. Lei scompare. Lui non capisce perché. Lei torna. Forse.

RECENSIONI

Il cinema cerca da sempre di sviscerare la molteplicità dei punti di vista e periodicamente affronta la questione di petto. Qualcuno ricorda il non memorabile Dice lui, dice lei del 1991? Ned Benson ci prova nel nuovo millennio con un progetto molto ambizioso, perché sceglie una situazione estrema: due protagonisti distrutti da un lutto terribile e in fase di elaborazione. Un evento che esaspera l’incomunicabilità tra un marito e una moglie, ancora innamorati ma incapaci di ritrovare un’intesa mentre affrontano un dolore indicibile che manda a pezzi e frastaglia il loro sentire. Una premessa doverosa è che il progetto nasce suddiviso in due film, Lui e Lei (in questo ordine sono stati presentati al Festival di Toronto nel 2013), giocati appunto sulla diversa percezione dei protagonisti, anche in relazione agli stessi momenti. Visione che, probabilmente, è più interessante dell’ibrido Loro (presentato, invece, a Cannes 2014 in cerca di risalto internazionale), che funge da riassunto, prendendo un po’ dall’uno e un po’ dall’altro, e finisce per inquinare l’originalità dell’idea di partenza. Perché, tolti i differenti punti di vista, ciò di cui siamo testimoni suona artificioso e fasullo. Non si crede al prima (l’armonia sceglie corse a perdifiato, risate senza un perché, balli liberatori) e poco anche al dopo, con un’afflizione che ricorre a forme espressive alquanto scontate, alternando silenzi e lacrime a sguardi intensi, corrucciati o nel vuoto. Tutti stati d’animo a cui Jessica Chastain ci ha fin troppo abituati a partire da The Tree of Life, e che James McAvoy prova a fare suoi. Ma l’insieme non squarcia mai il velo di convenzionalità che aleggia sull’approccio, anche a causa di personaggi di contorno poco incisivi e stereotipati (per Lei i genitori ancora insieme pur tra altri e bassi, la sorella sdrammatizzante e la professoressa universitaria dura-ma-buona, per Lui la collega di lavoro amante per caso, l’amico d’infanzia sdrammatizzante, e il padre buono-ma-assente). Una calibrata ricerca di mezzetinte che, nonostante il tanto smaniare dei protagonisti, non ferisce nessuno. Per capire il conformismo del risultato basta vedere il maschilismo con cui il tradimento viene trattato: per Lui è un qualcosa di fisico a cui è impossibile resistere, per Lei è invece una sorta di rivalsa che, superato lo sfogo del momento, sfocia in un nulla di fatto. Una rigida suddivisione dei ruoli, con relativi sensi di colpa annessi, incline al moralismo e con poca carne e poco sangue. Ed è questo il maggior problema del film, il suo mantenersi a una distanza di sicurezza rispetto al narrato in modo, solo teoricamente, da non scontentare nessuno. Ma l’incertezza (indie o mainstream?, commedia o dramma? profondità o superficie?) limita anche la portata dei sentimenti in gioco.