TRAMA
Quello di Giulia è un mondo antico e sospeso, fatto di rigore e testi sacri, che esclude con ferocia chi non vi appartiene. Quello di Libero è il mondo di tutti gli altri, di chi sbaglia, di chi si arrangia cercando un’altra possibilità e di chi ama senza condizioni. Quando Giulia incontra Libero scopre di poter avere un altro destino, tutto da scegliere. La loro è una storia d’amore purissima e inevitabile e per i due ragazzi inizia un intenso periodo di vita insieme, scelta che comporterà a Giulia una totale esclusione dal mondo dei Testimoni di Geova al quale appartiene. Libero farà a Giulia il dono d’amore più grande di tutti: la libertà di appartenere al mondo, a uno nuovo, luminoso e pieno di futuro.
RECENSIONI
L’esordiente Marco Danieli mette in scena una storia che coinvolge i Testimoni di Geova, minoranza religiosa che è però al secondo posto fra le confessioni cristiane non cattoliche per numero di fedeli tra i cittadini italiani. [1]
Una scelta inusuale e per certi versi ardita: come confrontarsi con le abitudini e il pensiero di una comunità di cui non si fa parte e che rientra nello stereotipo nazionale dei citofonatori improvvisi ai quali notoriamente si risponde male o non si risponde affatto oppure non se ne esce più? Un terreno delicato insomma, nel quale si rischia da un lato di essere accusatori o canzonatori, dall’altro di mitigare i toni fino a diventare concilianti e, a quel punto, la scelta di un tema forte finisce per essere osata per poi ritrarsi. Che cosa accade, dunque, in questo film? Avviene uno slittamento tematico che dalla questione del condizionamento sociale imposto dalla religione, diventa difficoltà a trovare una propria identità nel mondo. In pratica, comincia la storia di Giulia, ragazza brillante in matematica, ma che non proseguirà gli studi perché sarebbe una scelta egoistica e non finalizzata al bene della Comunità. Giulia si innamora di Libero, ribelle romantico e intelligente, in rapporto conflittuale con la famiglia, a modo suo volenteroso, libero perché appena uscito dal carcere dove era finito per spaccio (insomma, un bravo ragazzo con qualche optional); ma sappiamo che in quel “libero” c’è già la contrapposizione allo stato di “prigionia” di Giulia, una specie di giudizio implicito (neanche tanto). Giulia, legata alla famiglia, alla scuola e alla religione, timorata di Geova, cede però a qualcosa che è improvvisamente (e storicamente) più forte di tutto: l’amore.
Sottoposta al tremendo interrogatorio degli anziani (fra cui un inquisitorio Pippo Delbono), confessa perfino dettagli intimi in lacrime, ma alla fine decide di fuggire insieme a Libero. Viene disassociata: nemmeno sua madre, suo padre e sua sorella le rivolgeranno più la parola. Comincia la sua vita “nel mondo”. Ma la bellezza della libertà e dell’amore comporta non solo altre rinunce affettive, ma anche la scoperta di nuovi compromessi, che vanno a rimettere in discussione quella stessa libertà al punto da logorare il sentimento amoroso che tutto muoveva. Ed ecco il nucleo del film: un conflitto di appartenenza che diventa un conflitto d’identità. La sincerità e lo slancio dei sentimenti dà l’impressione di trovare il proprio posto nel mondo, in modo opposto e speculare alla serrata regolamentazione dei comportamenti comunitari. Ma in entrambi i casi esistono delle mancanze. A quel punto, anche l’atteggiamento patriarcale degli “anziani” sembra assumere toni affettivi e la brutalità della “disassociazione” somiglia a un atto di protezione, estremo, inaccettabile agli occhi del “mondo” ma con finalità benevole all’interno della congregazione [2].
Questa “terra di nessuno” in cui ci si ritrova, senza amore, senza Dio, senza famiglia, somiglia però, a un tratto, più a un’impasse del soggetto che a un effettivo dramma esistenziale: sappiamo che la vita è difficile e lo sono le scelte che comporta, specialmente quelle estreme, ma se si parte dalla “prigione” di Geova per trovare la libertà del “mondo”, è chiaro che ci si mette in una condizione per cui, se tutto va a finire bene, la morale è che ben venga una dissociazione che valga la pena. Se tutto va a finire male, si rischia il colpo di scena che forse, in fin dei conti, era meglio restare dove si era. Paradossalmente, la strada del “lieto” fine giace nell’unica ipotesi non considerabile per le stesse premesse, ossia che Libero diventi parte della comunità di Giulia: non sarebbe più libero; e Giulia non avrebbe mai scoperto se stessa senza quella libertà. Questo affrontarsi e scoprirsi qualcosa, a costo di restare senza niente, è quanto ci consegna infine il film, che intraprende un sentiero audace, ma poi torna sui suoi passi, un po’ come la protagonista, ma assumendo strada facendo uno sguardo super partes, parallelamente all’intensificarsi del dramma di lei, che si ritrova sola -forse Giulia è adesso libera di farcela da sola?- mentre le premesse mostravano una chiara posizione di partenza, nelle figure genitoriali monolitiche e anaffettive, in una Giulia la cui bellezza soggiaceva a un’aria mesta e emaciata e a un abbigliamento fuori dal secolo. Non che non vi sia della nota austerità, facilmente ravvisabile in certe mise formali retrodatabili di un quarantennio, fra i membri che fanno proselitismo, ma c’è un sentimento triste che viene enfatizzato nella messa in scena per poi dissolvere il conflitto in un generico dilemma esistenziale. A quel punto dovremmo forse credere che la scelta di mettere una testimone di Geova al centro della scena fosse pretestuosa o metaforica, cosa che non sembra affatto. È bello che non si tirino le somme in modo approssimativo e perentorio; è meno convincente che il tutto finisca in una specie di generale sospensione-astensione.
Curiosità: il film ha, per tematica e per trama, un precedente, che è il danese To Verdener (Worlds Apart), del 2008. È la storia di una ragazza testimone di Geova e del suo amore per un ragazzo “del mondo” che la porta a subire l’allontanamento dalla sua comunità. La situazione in famiglia ha però premesse articolate diversamente, che ruotano intorno all’infedeltà paterna e al conseguente divorzio dei genitori.
