Commedia, Sala

LA PROFEZIA DELL’ARMADILLO

TRAMA

Zero ha ventisette anni e il talento per il disegno. La sua vita sociale si limita a Secco con cui condivide l’entusiasmo per la geek culture. Ma la sua vera passione è Camille, il suo amore di sempre traslocato a Tolosa. Camille che ama e che adesso l’anoressia ha vinto. Cercando dentro di sé le parole per dire il suo lutto, Zero oscilla tra nostalgia e proiezioni ‘corazzate’. In conflitto perenne con se stesso, la sua voce interiore ha il corpo placcato di un armadillo, presenza rassicurante che lo accompagna permanentemente. Tra Rebibbia e Roma Nord, passando per il temibile centro, Zero si imbarca in un’avventura splenica e comica, specchio di un’intera generazione.

RECENSIONI

Nell'adattare il romanzo a fumetti cult di Zerocalcare emerge fin da subito un problema non da poco: come dare forma filmica a un racconto ambientato in gran parte nella testa del suo protagonista-autore? Come articolare al cinema una narrazione così frammentaria, dove il passato entra continuamente nel presente senza quasi soluzione di continuità, dove l'episodio autoconclusivo è sempre tessera di un mosaico più grande e dove la componente visiva, psicotica e lisergica, rispecchia in modo puntuale quell'ansia e quella difficoltà di stare al mondo che è il perno attorno a cui ruota l'opera di Zerocalcare? La chiave per realizzare un adattamento efficace, o perlomeno un film che riesca a splendere di luce propria, da un testo complesso come La profezia dell'armadillo, sta tutta qui: nel porsi queste domande e nel rispondervi con scelte stilistiche e narrative capaci di valorizzare il materiale di partenza attraverso un nuovo linguaggio. Tradurre insomma, se necessario perfino tradire. Ché per esplorare le potenzialità di un racconto su un medium differente da quello di partenza occorre spesso (sempre!) scrutarlo con occhi diversi, modificare non solo gli eventi della vicenda, ma anche il modo in cui quegli stessi eventi vengono osservati e raccontati. Lo scopo ultimo di tutto questo è evidente: esaltare (e allo stesso tempo giustificare) la traduzione.
Ora, il grave problema de La profezia dell'armadillo - film è che l'esordiente Emanuele Scaringi sembra non essersele poste proprio queste domande o forse non è stato in grado di trovarvi risposte adeguate. Ecco allora che dell'approccio schizofrenico di Zerocalcare non rimane praticamente nulla, in favore di un racconto giovanile dall'andamento piuttosto tradizionale, dove le ansie e le paranoie del protagonista vengono sempre dette e mai supportate da soluzioni visive o narrative importanti. Anche il tentativo (maldestro) di mantenere la struttura episodica del testo di partenza (il racconto è composto da storie di poche tavole, spesso autoconclusive) finisce per depotenziare la scrittura del film: laddove nell'opera di Zerocalcare la frammentarietà degli eventi riusciva bene a rappresentare l'impossibilità di trovare un centro nella propria esistenza e quel continuo e frenetico girovagare senza sosta proprio di un'intera generazione, nel film tutto questo diventa solo un pretesto per incasellare una sfilza interminabile di gag, alcune mediamente divertenti, altre meno. E l'ingenuità di ricalcare pedissequamente alcune tavole del romanzo di certo non aiuta il film a smarcarsi dalla fastidiosa etichetta di opera ombra, prodotto derivato e privo di una vera personalità.
Tra le note positive, da segnalare le buone interpretazioni di Simone Liberati (Cuori puri) e Pietro Castellitto, ma anche l'armadillo di Valerio Aprea, nonostante una fisicità che stride con la dimensione incorporea del personaggio, ha qualche freccia al proprio arco. Peccato che sia tutto al servizio di un affresco generazionale goffo e patinato, che ammicca molto, ma al quale non si crede mai.