Drammatico, Recensione, Thriller

LA GIURIA

Titolo OriginaleRunaway Jury
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2003
Durata127'
Tratto dadall'omonimo romanzo di John Grisham
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Nicholas Easter lavora come commesso in un negozio di elettronica. Viene precettato per entrare nella giuria popolare di un processo che si preannuncia infuocato: la vedova di un uomo, vittima casuale della follia omicida di un pazzo, contro i produttori dell’arma da fuoco che ha sparato.

RECENSIONI

Il legal-thriller è un genere molto amato dal pubblico, soprattutto quando è l'uomo comune a scontrarsi con il potere, all'apparenza inattaccabile, dei colossi dell'economia. Nell'omonimo romanzo di John Grisham, da cui il film trae origine, ad essere sotto giudizio era una multinazionale del tabacco, ma la fantasia ha ormai superato la realtà, con rimborsi miliardari da parte dei giganti del fumo. Nel film di Gary Fleder si aggiorna quindi lo scontro alla lobby delle armi da fuoco, sempre al centro del mirino dell'opinione pubblica e più che mai sotto l'occhio indiscreto della macchina da presa; basta pensare al successo planetario del documentario di Michael Moore "Bowling a Columbine", fresco di Oscar. Ma, si sa, per trovare spazio nelle sale cinematografiche americane è necessario che la denuncia sociale abbia la forma dell'intrattenimento. E così, al romanzo prestigioso è necessario affiancare il traino di un cast "all stars". Gary Fleder è riuscito nella non facile impresa di riunire due miti del cinema come Dustin Hoffman e Gene Hackman, amici di vecchia data ma mai insieme in uno stesso film. Il primo è un avvocato vecchio stile, di quelli fiduciosi nell'equità del sistema giudiziario. Il secondo è invece un machiavellico consulente legale, che fa della corruzione la sua arma più affilata. Completano il cast la coppia John Cusack, perfetto uomo comune, e Rachel Weisz, brava e in parte, capaci di ordire un complotto (improbabile ma efficace) basato sulla manipolazione e l'inganno. Bella l'idea di una giuria ignara di essere in vendita al migliore offerente. La sceneggiatura è molto abile nel calibrare i colpi di scena, sviscera nei tempi giusti gli interrogativi stimolati dalla narrazione e mantiene vivo l'interesse fino alla fine; la regia rende molto dinamico l'aspetto visivo, anche a causa di un montaggio frenetico, e mitiga la frammentazione delle immagini con la linearità dei dialoghi. Il risultato è un film convezionale ma solido e appassionante, che delude le aspettative solo nell'atteso faccia a faccia dei due divi, il cui innegabile talento è fin troppo spremuto in un dialogo ad effetto ma schematico nella ovvia contrapposizione tra bene e male, e nel finale, un po' troppo blando, anche per il cinismo laccato della confezione. Nonostante si possa considerare un esempio riuscito di cinema commerciale, probabilmente il film faticherà a trovare un suo pubblico: troppo Mtv per conquistare i "matusa", troppo parlato per incollare i teen-ager (o presunti tali), da tempo ormai decretati come l'ago della bilancia del box-office.

Nell'ambito di un ingranaggio narrativo tutto da godere, La Giuria regala alcuni momenti davvero degni di nota: si consideri la scena in cui John Cusack, vittima di un repentino ralenti, sulle scale del tribunale incrocia il suo sguardo con quello della statua della Giustizia, con essa identificandosi in qualità di giurato. Vista così è un ordinario passaggio registico d'introduzione alle pareti del tribunale, capitato per caso tra le mani del mestierante Gary Fleder; al contrario, spogliato dall'inganno questo si rivela essere il potente simbolo dell'intero film, nascosto tra le righe con mano guantata. Per lunghi tratti, Nicholas Easter rappresenta infatti il polo contrario nel manicheismo del dedalo tramico, ossia la sottile arte dell'inganno: ma alla fine quella sequenza sarà pura delucidazione, il bandolo che scioglie la matassa ostentato davanti a tutti e proprio per questo introvabile (se non imbracciando il senno di poi). Così l'intero film: un saggio tematico sul rovesciamento della prospettiva, dove la tragedia iniziale funge da gustoso depistaggio ed il giochino della fasulla -recita a soggetto- prosegue con l'effimero sfondo sociale e il pretestuoso schema del legal thriller (clamoroso: l'imputato è la difesa!). Videoclipparo quanto volete, tutto adagiato su un'idea fulminante di Grisham, sfrontatamente affidato ai suoi attori protagonisti: ma per la complessità dei suoi spunti il film di Fleder strappa la promessa di una seconda visione e certi verdetti non si possono comprare.