Commedia, Drammatico, Recensione

LA DOLCE VITA

TRAMA

Marcello vorrebbe fare lo scrittore ma s’è adattato a fare il giornalista mondano. Convive con una donna che tradisce sovente. È totalmente inebriato e inebetito dalla “dolce vita” di via Veneto.

RECENSIONI

Quello che è considerato il capolavoro dell'autore è, anche, un momento di passaggio dalle prime opere "narrative" al surreale che permeerà le prove successive. È un laborioso, barocco apologo sulla meschinità del mondo che ruota attorno alla "dolce vita", in una Roma che non è Roma e in situazioni che sono e non sono reali, da vedere e rivedere per i numerosi spunti e sottotracce, per il genio visionario, per la desolante galleria di personaggi (il volgare proprietario di Villa Fregene, la frigida Maddalena e le demenziali sedute spiritiche), per comprenderne l’impatto che fece scandalo con eco mondiale, coniò il neologismo "paparazzi" (l’amico del protagonista, che fotografa celebrità, si chiama Paparazzo) e divenne immortale per la sequenza di Anita Ekberg nella Fontana di Trevi. Per Fellini era “Come raccontare un amplesso nell’atto di compierlo”, per Visconti la sequenza del party era "L'aristocrazia come può vederla il mio cameriere": qui sta il bello. Ha dei precedenti in Il Bell’Antonio di Mauro Bolognini, per il ritratto squallido della corruzione spirituale e materiale della Roma-bene, orge comprese, e in Città di Notte di Leopoldo Trieste, ma erano inaudite, per l'epoca, l’affabulazione di avvenimenti da rotocalco realmente avvenuti, la durata di 3 ore e la struttura corale caotica (86 personaggi), con il carattere di Mastroianni che tiene le fila di vari episodi. Più è rappresentata “l’allegria” dei personaggi, più il sentire è davvero disperato: il noto tema musicale di Nino Rota coglie benissimo questo ossimoro.