Poliziesco, Recensione, Thriller

L.A. CONFIDENTIAL

Titolo OriginaleL.A. Confidential
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1997
Durata137'
Tratto dadal romanzo di James Ellroy

TRAMA

Bud White, poliziotto violento alle prese con gli spettri del passato, Ed Exley, figliol prodigo e talentuoso investigatore dalle maniere di un uomo politico e Jack Vincennes, agente della narcotici amante dei riflettori, si trovano al centro dell’intricato caso scaturito dalla strage compiuta in un locale della città, il Nite Owl. Tra depistamenti e soluzioni fasulle la polizia di L.A. sembra perdere di credibilità proprio nel momento in cui Mickey Cohen, il celebre gangster ebreo a capo della malavita della città degli angeli, si trova in carcere per frode fiscale, lasciando incustodito il suo impero del crimine.

RECENSIONI

Hollywood alle prese con James Ellroy, probabilmente il massimo scrittore noir vivente (per inciso: LA confidential è il terzo capitolo di una quadrilogia sulla LA degli anni '50, forse in assoluto la cosa più bella mai accaduta alla letteratura noir). Curtis Hanson, che dimostra qui di possedere un certo talento, riesce nell'intento non facile di portare sullo schermo una delle vicende più intricate che si siano lette negli ultimi anni, e per farlo può innanzitutto contare su un ottimo lavoro di sceneggiatura (al quale ha partecipato in prima persona), indispensabile per condensare l'intreccio in poco più di due ore di film. Hanson sfrutta a pieno le potenzialità di un noir vigoroso e dalle tinte foschissime, dando vita a un film asciutto, crudo, diretto, cupo e ritmicamente forsennato, giocando abilmente su diversi piani convergenti, senza mai lesinare una certa dose di umorismo nero, soprattutto quando la vicenda si sofferma sulle cronache scandalistiche di una Hollywood più che mai spietata e dissoluta, preda del redattore di un giornale scandalistico, interpretato da Danny De Vito. Una Hollywood che è specchio dello squallore che invade la città, a partire dal distretto di polizia, combattuto tra la dottrina della violenza nella lotta al crimine e il rischio della decadenza della propria immagine tra i cittadini. Insomma un film dalle tematiche assai scottanti, soprattutto dal momento che riesce assai facile pensare l'intera vicenda trasportata ai giorni nostri. La ricostruzione in studio della Los Angeles degli anni '50, cupa e violenta quasi come la Chicago degli anni '30, appare assolutamente minuziosa ed efficace, e tra le mani di Hanson si trasforma in luogo di perdizione dalle sfumature infernali nel quale i protagonisti vengono risucchiati e inghiottiti in uno spirale di violenza. Cast all stars, dal già citato De Vito al "gladiatore" Russel Crowe nelle vesti di Bud White, fino al premio Oscar Kevin Spacey e a una Kim Basinger straordinariamente in parte che per questa interpretazione ha ricevuto un Oscar. Fotografia di Dante Spinotti, che un paio di anni dopo darà il meglio di sé con The insider di Michael Mann, dimostrando di essere uno dei più stupefacenti talenti in circolazione.

Mentre cita Il Fuorilegge con Alan Ladd e Veronica Lake, Vacanze RomaneIl Bruto e la Bella e lo scandalo Lana Turner-Johnny Stompanato, il Chinatown noir "hard boiled" di Hanson, ottimamente ambientato negli anni cinquanta, mette in parallelo ed in connivenza il mondo del cinema dell’era d’oro ed il giornalismo scandalistico (il "confidenzialmente vostro" De Vito, che introduce il racconto dalle pagine del suo “Hush Hush”), la polizia e la politica corrotte, i traffici di droga e sesso, la violenza imperante e la bieca spettacolarizzazione in un falso paradiso di angeli caduti. Il racconto, uscito dalle pagine del romanzo di James Ellroy, parte in sordina, più sfilacciato ed a vignette che efficacemente corale. Ma è un crescendo, il sarcasmo ed il cinismo si fanno sempre più feroci, le riflessioni diventano articolate, stimolanti ed ambigue (e scompare l’ironica voce narrante). Il tutto si fa apprezzare per il disegno dei personaggi, a tutto tondo ma ricco di sfumature nel depistare la loro collocazione fra le forze del Male e del Bene: Hanson ed Ellroy, alla fine, non salvano nessuno, né la "simil-Veronica Lake" Kim Basinger che si presta ad incastrare il tenente, né quest'ultimo che, infine, scende a compromessi, né quel bulldozer bestiale interpretato da Russell Crowe (che, con Kevin Spacey, regala una prova formidabile). I sussulti di coscienza e gli atti idealistici in questo mondo lordo non sopravvivono a lungo: è sottile e perfido il particolare che gli unici due "eroi" della pellicola (con le facce di Crowe e Guy Pearce) siano mossi, più che dai valori, da traumi infantili legati alla figura paterna. Il focus è sul commissariato di Polizia in quanto luogo simbolicamente deputato alla giustizia e al coraggio: in realtà è fucina di violenza e razzismo, di metodi sommari e pregiudiziali. Il circolo vizioso diventa infernale, mentre i cadaveri saltano fuori dappertutto. La regia cruda e violenta, improntata al noir classico, raggiunge risultati ragguardevoli (da manuale la sparatoria finale, elettrizzante la conduzioni degli interrogatori), ma non è all'altezza dell'ottima sceneggiatura (di cui Hanson è responsabile, assieme a Brian Helgeland) e cede, qua e là, ad una facile vena umoristica (la gag dell’assessore; quella, raccapricciante, del rumore dei testicoli: in sé spassose ma grossolane rispetto alla più riuscita ferocia con cui si attesta che Pearce diventa eroe solo dopo aver compiuto un massacro) o a passaggi poco credibili (il compagno crivellato dai colpi, creduto morto, che ricompare; l’emblematica ma inverosimile scena in cui Pearce salta addosso a Kim Basinger).