Fantasy

JUMANJI

Titolo OriginaleJumanji
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1995
Genere
Durata104’

TRAMA

1969: due ragazzini rinvengono uno strano gioco da tavola, Jumanji, dove gli animali appaiono veramente. Alan resta intrappolato nella giungla del gioco per ventisei anni, finché, nel 1995, altri due giovani, riprendendo in mano il Jumanji, lo liberano.

RECENSIONI

Ad un’occhiata superficiale, Joe Johnston viene ingaggiato dalle case di produzione solo in veste di esperto di effetti speciali, per rendere al meglio prodotti ricchi di computer grafica ma poveri di contenuto: il regista, invece, è autore anche di un decoroso cinema per ragazzi, attento ai problemi dell’infanzia (messaggio edificante: la riappacificazione padre/figlio) e, con il senno di poi, si dimostrerà abile e consapevole artigiano di un cinema di serie B (anche quando i budget sono della classe superiore) che guarda, soprattutto, agli stilemi del passato. “Jumanji” non è solo forte di un’idea di base attraente (per il 1995 o, meglio, per il 1981 del libro illustrato per ragazzi di Chris Van Allsburg, da cui è tratto), un gioco da tavola, cioè, interattivo, “realtà virtuale” che diventa Vaso di Pandora, con trucchi consoni per fare del film che la contiene un oggetto spettacolare. Johnston si prende tutto il tempo, anche, per dare corpo ai personaggi e ai loro piccoli drammi personali, infilando allegorie e paralleli non effimeri: il gioco “va” finito (leggi: bisogna affrontare i problemi fino in fondo), il lungo soggiorno nella giungla dell’Alan di Robin Williams è, mutatis mutandis, una fuga da se stessi (che sia la classica “scappatella” da casa, la sindrome da Peter Pan o una più generica chiusura psicologica); Alan e l’altra ragazza del 1969, che ha passato gli anni in terapia, hanno vissuto in prigione. Se agli sceneggiatori (comunque abili: fra loro, anche Jonathan Hensleigh) fosse venuto in mente di chiudere il racconto con un colpo di scena circolare (ad esempio, con l’idea dei bambini del “futuro” che sono figli di quelli del 1969), come si fosse davvero in un tipo di “gioco dell’oca”, sarebbe stato meglio, ma non è scontata questa minima (per un prodotto medio commerciale hollywoodiano) ricchezza di sottotesto. Johnston infarcisce il tutto con premesse horror (la casa infestata), fa contenti gli animalisti (tutti gli animali sono finti, fra animatronic ed effetti digitali della ILM), unisce pericolo selvaggio (da giungla) e comicità e il tutto acquista gusto, divertendo. Williams, nel solito ruolo di bambino troppo (o troppo poco) cresciuto, vestito da Tarzan pare uscire dalle penne di Goscinny e Uderzo. Da citare la gag dell’accetta, degna di un cartoon Warner Bros. Fra gli attori ritroviamo, cresciuto, Il Mio Piccolo Genio e applaudiamo la prova di David Alan Grier (il poliziotto). La critica storce il naso, il box office impazza. Ha dato origine ad un serial Tv.