TRAMA
Il generale sudista Turnbull, prima di trucidare la sua famiglia, sfigura il volto di Jonah Hex, rivoltatosi contro le sue atrocità. Guarito dai nativi americani, Hex parla con i morti e scopre che Turnbull può minacciare il Campidoglio con un’arma micidiale.
RECENSIONI
Encefalogramma piatto: arduo comprendere cosa ci faccia al timone di regia il co-autore di Ortone e il Mondo dei Chi, ma la produzione è stata travagliata e ha partorito spazzatura, a prescindere dal suo impegno. Jimmy Hayward, infatti, ha preso il posto di Mark Neveldine e Brian Taylor, quelli di Crank e Gamer, rinunciatari per divergenze creative ma depositari di una sceneggiatura epidermica, ispirata come un plagio, composta per intero di “scene madri” risapute, dialoghi pomposi e personaggi-macchietta a dir poco stereotipati (l’unico che si salva è quello di Michael Fassbender: l’attore sviluppa il suo ruolo minore in stile “drugo”, e si fa notare). L’Io narrante spiega tutto e fa il gradasso, con donna tosta e seducente al seguito (Megan Fox) e un cavallo appesantito, come il film, da due mitragliatrici (povera bestia). Un cinema di frontiera tecnologica che ricorda quello del Wild Wild West di Barry Sonnenfeld, opera che, almeno, nelle iperboli acquisiva senso di esistere nella categoria kitsch. Le tracce sciamaniche rendono meno convenzionale il banalissimo plot di vendetta (nei fumetti Dc Comics da cui è tratto, Jonah Hex non parla con i morti), ma è grave se fanno pensare che, al confronto, Blueberry di Jan Kounen sia un capolavoro. Il senso del ridicolo non trova pace, e a nulla è servito chiamare Francis Lawrence per rigirare alcune scene, poiché sono tutte si misura di chi ce l’ha più grosso: il tipo di John Malkovich, ad esempio, è malvagio perché fornito di multiplo cannone con cui minacciare il Presidente degli Stati Uniti. Robaccia punita dal botteghino.
