
TRAMA
14 milioni di dollari sulla testa dello scomunicato John Wick: la “tavola” manda una giudicatrice per punire anche Winston e Bowery King. Wick va a Casablanca per chiedere clemenza al reggente.
RECENSIONI
Magia del cinema: è passata poco più di una settimana da quando hanno fatto incazzare John Wick e, ora, ha tutto il mondo contro. Paradosso del cinema: privo della copiosità di combattimenti senza stacchi del primo e di scene da antologia del secondo, il terzo capitolo è il migliore perché s’immerge a tal punto nella propria alterità da essere più sorprendente e meno derivativo. Per principio di cambiamento, se la deontologia criminale con sottobosco pittoresco del primo ha lasciato spazio alle forme dissonanti da 007 del secondo, qui si trasmigra nella pura fantascienza in azione: l’incipit con le vernici bagnate dalla pioggia fa pensare a Blade Runner, ma è l’altromondo in cui si fugge da o si agisce per la fantomatica “tavola” a segnare l’alienità di un sistema di vita con i suoi comandamenti, rituali, pegni, simboli, giuramenti e punizioni. Una nuova religione: in un punto sacrale, Wick cerca dio nel deserto per chiedere perdono e avere una seconda chance. Il dinamismo incessante non può pretendere location, oggetti contundenti e coreografie sempre bizzarre, e la stanza con le teche di vetro nel finale cerca di replicare senza successo la galleria d’arte moderna del Capitolo 2 (funziona, però, l’ironia di Mark Dacascos fan di Wick) ma Chad Stahelski non è da sottovalutare nemmeno nella cinefilia citazionista (Buster Keaton, tanto cinema orientale, Wick che assembla un revolver come Eli Wallach in Il Buono, il Brutto e il Cattivo) e ci sono almeno tre “balletti” straordinari: nelle stalle, quando Wick usa gli zoccoli di un cavallo come arma, la rincorsa sul ponte dove crollano, senza stacchi di montaggio, moto e centauri e la furia combattiva di Halle Berry con i suoi cani lupo a Casablanca. Qui si sta facendo la storia del cinema d’azione.
