TRAMA
RECENSIONI
OOOOPS!...WE DID 'IT' AGAIN
A volte ritornano... al cinema
C'è qualcosa di dannatamente sinistro, una sorta di maledizione che aleggia attorno alle trasposizioni cinematografiche di Stephen King: finché la storia rimane su carta, tutto bene, ma appena qualcuno prova a riproporla su grande schermo, iniziano i guai; tanti i tentativi di exploitation andati in fumo, troppi i produttori che, abbagliati dall'illusione di una trama pronta all'uso, cercano di cavalcare l'onda del Re, senza successo.
Ma nel 2017, la maledizione sembrava essersi spezzata, per mano di un regista argentino dal nome Andrés Muschietti: IT - Capitolo uno ha colpito nel segno, risemantizzando la materia narrativa di King e dando nuova forma ad una delle sue opere più acclamate. Persino l'idea di dividere l'oneroso volume (oltre 1100 pagine!) in due film, sembrava ottima...sino ad oggi. Inizio seconda parte: si riprende da dove ci eravamo lasciati, con i Perdenti di Derry stremati dalla battaglia contro Pennywise. Poi un salto in avanti di 27 anni: il Club è ormai sciolto, ed ognuno si gode la sua vita lontano dalla cittadina natale; ma la ricomparsa di IT costringe i Losers ad una poco piacevole rimpatriata. La macchina infernale avviata da Muschietti nel primo capitolo, sembra avere il motore ingolfato, costringendo il sequel a mettere la retro. Stesso regista, stessi personaggi, stessa nemesi, eppure c'è qualcosa che non va. IT - Capitolo due non riesce a replicare l'alchimia del prequel, mancando il tuning narrativo e semantico. La componente orrorifica si intensifica: il clown demoniaco diventa ancora più spaventoso, aggressivo ed inquietante (se possibile), ma il disordine regna sovrano nella periferia del Maine.
Things I hate about you
Nonostante l'incipit incoraggiante, con una sequenza d'apertura che unisce padronanza tecnica, pressione psicologica ed un'estetica disturbante, la magia si interrompe presto. Il collante filmico rimane Pennywise e la sua sete di sangue: finché il grottesco clown rimane in scena lo spettacolo continua, ma appena il suo ghigno esce dallo schermo, il concept si riduce a un Cimitero (Vivente).
Agnello sacrificale del (mezzo)flop, una sceneggiatura a dir poco raffazzonata: gli ormai cresciuti Perdenti non fanno che vagabondare per le strade di Derry senza meta precisa, imbattendosi di tanto in tanto nelle truculente visioni di IT. La progressione aneddotica, i risvolti prevedibili e la ripetitività dello schema, finiscono con il demistificare ogni tipo di suspense; tutto si riduce ad una parata di jump scary sequences che fanno scattare i muscoli, ma non i nervi.
Ma la vera anomalia, all'interno di uno script già insicuro, è il panismo comico: il film è pieno zeppo di battute e jokes oltremodo forzati. La comic relief contagia anche le scene più gore, spezzando il pathos in medias res e stroncando sul nascere il coinvolgimento del pubblico.
Un potenziale disastro, sventato da qualche tecnicismo ben confezionato: transizioni pindariche, editing estroso e scenografie glam pop; Muschietti ed il direttore della fotografia Checco Varese hanno fatto i compiti a casa, e si vede. Anche il massiccio uso di CGI non stride con la cornice, coadiuvando (senza banalizzare) il terrore ancestrale di Pennywise e la sua verve da trasformista.
Crescere è difficile
Pollice in giù per l'atto conclusivo, dilatato all'inverosimile; il ritmo si impantana, il plot arranca e l'interesse si spegne. Colpa da spartire con l'altro tasto dolente: il cast. Questo nuovo ensemble non regge il confronto con il precedente: l'impaccio e l'inettitudine da 13enni si deteriora in logorroica insicurezza nelle controparti adulte. L'unica eccezione: James McAvoy, ineccepibile nei panni di un Bill brizzolato, ma ancora tormentato dalla morte del fratellino (e da qualche residuo di balbuzie). Il resto della classe, bocciata senza attenuanti: la redhead Jessica Chastain (aka Beverly) ha completamente perduto la sua "brace d'inverno", regredendo a bistrattata moglie trofeo priva di volontà; come dissipare le potenzialità di un personaggio femminile forte ed autentico, con una caratterizzazione da B movie. Jay Ryan (Ben) ci mette la faccia, gli addominali, e poco altro, mentre le battute infelici di Bill Hader/Richie si addicono più ad una (dimenticabile) stand up routine del SNL che a un horror-flick.
Ci pensano i numerosi flashback corali ad alzare il livello, assieme al giullaresco villain di Bill Skasgård. L'attore svedese riconferma le sue doti poliedriche nel bis, con una perversamente deliziosa interpretazione del mostro mangia-bambini. Menzione speciale al cameo di King (Stan Lee docebat) che, da solo, vale la visione.
IT - Capitolo due è la prova che, al cinema, "le dimensioni non contano": 170 minuti di deja-vù filmico, che fanno sprofondare lo spettatore in uno stato di intenso torpore. Muschietti vanifica le (altissime) aspettative, sacrificando appeal ed originalità, in favore di una zelante reverenza verso il libro. Un circo di scene PG18 magistralmente eseguite, inframmezzate da lagnose parentesi liriche e humor fuori luogo. Long live the King. But forget about IT.