TRAMA
Il miliardario Tony Stark, capo di una società che produce armi, va in Afghanistan per presentare un nuovo missile ad alta tecnologia. Catturato da un gruppo di estremisti islamici, dovrà assecondarli nella costruzione di un potente meccanismo di distruzione, ma, deciso a fuggire, si troverà presto nei panni di un supereroe… Iron Man.
RECENSIONI
I supereroi marveliani continuano a volteggiare nel cinema, ormai rassicurati da una produzione che opera come una catena di montaggio. Questa volta tocca ad Iron Man alias Tony Stark. Genio precoce, multimiliardario, donnaiolo incallito, grande bevitore. Ereditata dal padre la Stark industries, multinazionale bellica dalle piu’ sofisticate tecnologie, se ne va in Afghanistan a testare una nuova arma. Peccato venga catturato da un gruppo di terroristi (Talebani?) e si ritrovi con una scheggia vicino al cuore che, tempo poco, lo farebbe trapassare. Aiutato da Ybsen, esperto di cibernetica, si ritrova una batteria d’ auto al posto del cuore (sostituita entro breve da un congegno meno ingombrante), ma, sorte beffarda, viene schiavizzato dal gruppo di estremisti a replicare, per la loro causa (fin troppo evanescente), il progetto prima presentato. La sua genialità illimitata lo porta invece alla realizzazione di un’armatura ipertecnologica che oltre a permettergli di tornare a casa in maniera pirotecnica, lo immerge in una nuova dimensione etico-morale.
Insomma il nuovo cuore artificiale che lo difende dai frammenti di un passato da Vip egocentrico e venditore di morte, diventa metafora di un’umanità la cui industria potrebbe (così sembra) rivolgersi a fini costruttivi invece che distruttivi.
Tralasciando retoriche politiche, ormai fatte con lo stampo (i cattivi sono sia di là che di qua, l’U.S.A è l’incarnazione del bellicismo e degli interessi della produzione pesante, i “decerebrati” terroristi manichini e figli dell’Occidente, etc), occorre sgusciare l’apparenza glamour e patinata di Iron Man (famiglio di Michael Bay) per provare a raccattare qualche cosa. E’ infatti chiaro che si tratti del tipico film di largo consumo, le cui coordinate sono il ritmo serrato e brioso, l’effettistica tra il fumetto e il videogame e il clima buonista che relega le istanze malvagie nella pura innocuità, ma in fin dei conti bisogna dare atto che tutta la visione è sommersa da una profonda ostentazione ironica. Un’ironia che a lungo andare stanca e precipita spesso nello slapstick e nella concretezza di una comicità generalizzata, omologata a far “ridere” e fregarsene di ciò che è rappresentato/vissuto.
Questo menefreghismo però è una logica interna al film e il cambiamento “umano” di Tony lo conferma. Il suo infatti è un continuo guardarsi allo specchio, un cicaleggiare sulla sua nuova natura (guardate con che minuziosità studia la propria persona/armatura) che, sebbene comporti i doveri da supereroe, trova la propria raison d’être nell’autocompiacimento. Una figura relegata nell’individualità piu’ snob, lontana dalla ribalta (bisogna aspettare il finale perché Tony divenga un mito pubblico), ma, con un clima d’attesa che, a giochi fatti, vale la pena: “Io sono Iron Man” ovvero “Io sono figo!!!”(traduzione subliminale).
Siamo sicuri che il congegno salvavita non sia un tubo catodico?
Per la prima produzione in proprio, dopo il successo degli sfruttamenti cinematografici dei suoi fumetti, la Marvel affida la sceneggiatura alla stessa coppia de I Figli degli Uomini (Mark Fergus e Hawk Ostby), puntando alla commistione fra il passo riflessivo di Hulk e l’avventura rosa di Spider-Man. Sorprende favorevolmente la mano del regista/attore Jon Favreau (autore di commedie), che approccia la materia con serietà e rispetto, favorisce l’improvvisazione degli interpreti (lo chiama ‘tocco altmaniano’) e indovina il passo realistico, rinunciando ad antagonisti (troppo) pittoreschi e facendo di Iron Man un personaggio Marvel più contemporaneo: al posto dell’acerrimo nemico Il Mandarino, ad esempio, ci sono i terroristi de “L’ordine dei 10 anelli”. Sua anche la scelta indovinata di una colonna sonora con riff di chitarra da hard rock. Nato nel 1963 su "Tales of suspense" per mano di Stan Lee, Jack Kirby, Larry Lieber e Don Heck, questo Tony Stark modellato su Howard Hughes e con alter ego robotico è riletto pensando al cinema e alla tragedia, conservandone però i tratti che erano fra i più anomali nell’universo a strisce Marvel, cioè adulti e controcorrente (un mercante d’armi ai tempi della controcultura): a funzionare, infine, è la sinergia fra l’effetto (speciale) del design della sua magnifica armatura (ideata da Stan Winston) e la sostanza di un personaggio che Robert Downey jr. fa suo, rendendolo al cinema più popolare che nei fumetti stessi.