TRAMA
Nel 1925 il football professionistico è relegato ai margini dell’interesse pubblico, Dodge Connelly pensa bene di ravvivare l’attività con il richiamo di una star dello sport universitario. La faccenda gli scappa di mano.
RECENSIONI
Alla terza prova da regista dopo Confessioni di una mente pericolosa e Good night and Good luck Clooney azzarda la commedia romantica con ambientazione sportiva. Purtroppo il risultato è fiacco e con nessuna sorpresa. Ci si trova a che fare con due piani assai distinti per Leatherheads: d'un canto c'è il tema, la traiettoria dei personaggio ed il sostrato ideale, dall'altro, impietosamente, la struttura visiva, il film, insomma e le relazioni che intrattiene con il canone di riferimento.
Con nostra buona pace tale distinzione è applicabile a qualunque prodotto ci possa capitare a tiro di sguardo ma lo poniamo in evidenza perché parrebbe lecito aspettarsi qualcosa di meglio da Clooney, dati i precedenti. Certo In amore, niente regole non nasce sotto i migliori auspici, una sceneggiatura rimbalzata più volte, giacente e rimaneggiata da un certo numero di mani (per ultime quelle del regista che pensava di averne trovato la chiave di soluzione - non accreditato per volontà della WGA) che finisce in produzione con un budget ridicolo ed un cast che, pur azzeccato sulla carta fallisce miseramente il proprio compito.
Ci limitiamo qui ad infierire su Renée Zelwegger con il paragone impietoso con Jennifer Jason Leigh ed il personaggio assai simile che interpretò per i fratelli Coen (i convitati di pietra al banchetto sul cadavere di Leatherheads) in Mr. Hoolahoop. Le battute e le gag che la sceneggiatura propone vengono abbandonate ad una dizione (e qui facciamo, ovvio, riferimento alle versione italiana del film) senza la prontezza e la rapidità che pretenderebbero. Il rimbalzo dialogico che regge la commedia brillante e gli esempi di riferimento (Scandalo a Filadelfia, La signora del Venerdì, etc) qui stalla in uno schema che pone il primo piano degli attori al centro della struttura: p.p. con battuta, silenzio, p.p. con risposta. E così per le gag di cui, con dizionario d'altri tempi alla mano, ci liberiamo definendole telefonate.
L'altra faccenda riguarda il percorso del football così come rappresentato da Clooney e dal suo protagonista: un gioco ingenuo utile a dare un senso ad alcune esistenze, un piccolo intrattenimento socialmente utile. Per mantenerlo a questo livello però Dodge Connelly coinvolge “il mondo” ottenendo regole e lo snaturamento della situazione. Il tempo lo lascia indietro, sperso mentre la statalità si impone e il presente ben noto del footbal contemporaneo, uno strumento di merchandising, stressato da ipertrofie regolamentari, scommesse, giochi economici.
La lode dei bei tempi lontani e scanzonati si oppone al presente ben ficcato nel quotidiano degli spettatori americani. Ma tutto si esaurisce ad un piano che con l'esperienza del film non ha quasi nulla da condividere.
Clooney regista, che inaugura la sua casa di produzione Smokehouse, è definitivamente affascinato dal cinema del passato, anche come collocazione storica: in questo caso, però, abbandona un certo impegno di forma (Confessioni di una Mente Pericolosa) e contenuti (Good Night, and Good Luck) per replicare alla perfezione la commedia sofisticata/screwball comedy anni trenta alla Howard Hawks (con Renée Zellweger che rifà La Signora Venerdì), fra schermaglie amorose, divertissement intelligente e battute a raffica stile Scandalo a Filadelfia. Un’operazione simile a quelle dell’ex-compare produttivo Steven Soderbergh (che doveva inizialmente dirigerlo), ma con modi meno freddi e autocitazionisti (vedi Intrigo a Berlino). Sotto, c’è anche un percorso allegorico che rispecchia la nascita del football professionistico (o meglio, la sua morte nei giri di denaro secondo Clooney, che ha riscritto non accreditato gran parte della sceneggiatura), quando subentrarono le regole e morì la “vecchia America” (incarnata da Clooney/Dodge opposto al giovane di Krasinski: echi di Bull Durham) sfrontata, creativa e indisciplinata. Peccato che la voglia di citare anche le comiche del muto porti la commedia sopra le righe (la scena in fuga dalla polizia, stile “Keystone Cops"). Titolo italiano fuorviante: la storia d’amore c’è, ma è secondaria.