Drammatico

IL VELO DIPINTO

Titolo OriginaleThe Painted Veil
NazioneCina/U.S.A.
Anno Produzione2006
Durata125'
Sceneggiatura
Tratto dadal romanzo di W. Somerset Maugham
Fotografia
Scenografia
Costumi

TRAMA

Shanghay 1925. Una ragazza dell’alta società londinese ha sposato senza amore un rispettabile batteriologo solo per sfuggire alle pressioni materne. Quando il matrimonio naufraga nella noia la giovane sposa si abbandona all’adulterio ma il marito la scopre e la costringe a seguirlo in un villaggio cinese colpito da un’epidemia di colera.

RECENSIONI

Nuova trasposizione del romanzo di William Somerset Maugham dopo quella del 1934 con la Garbo e quella dimenticabile del 1957 (Il settimo peccato).Quella presentata è una storia paradigmatica, un canovaccio ricorrente: dai film di Amedeo Nazzari alla saga di Angelica il cinema ha spesso raccontato donne più o meno costrette a sposare uomini che non amavano salvo poi scoprirne, col tempo, le qualità ed innamorarsene. Non era dunque facile rivisitare questo copione senza cadere nel sentimentalismo e nell'ovvietà. Il velo dipinto, che pure pecca indubbiamente di prevedibilità, può però contare sull'indiscusso talento di Maugham di creare personaggi veri ed umani. Mutuando questa peculiarità dello scrittore il film riscatta i limiti della propria trama ed evita sdilinquimenti amorosi fini a se stessi. Sottolinea invece senza abbellimenti le meschinità borghesi tanto care al romanziere e privilegia l'approfondimento psicologico e l'analisi delle dinamiche di coppia. Nella parte iniziale viene opportunamente scelto l'inserimento di flashback alternati al viaggio verso il villaggio cinese, per raccontare come i due protagonisti sono arrivati al matrimonio e, poi, alla decisione di partire. A questo punto inizia il percorso di maturazione della fatua Kitty, ma anche, in modo diverso, di suo marito Walter.
In principio si osserva l'autodistruzione fortemente ricercata, quasi con fatalismo, da un uomo congelato nel proprio rancore, nella delusione, nel senso di colpa e di vergogna che la moglie gli ha inflitto rendendolo spietato e senza scrupoli. Nella sua incosciente leggerezza la protagonista diviene quasi, di fronte ad una vendetta fatta anche di ostentata indifferenza, una vittima dell'uomo che ha tradito e ferito. La sceneggiatura ha infatti la capacità di mostrare sempre tutte le prospettive, tutta l'ambivalenza di torti e ragioni, la reciprocità dei rancori e dei rimorsi. Gradualmente, dopo qualche lungaggine, subentrano l'accettazione l'uno dell'altro, con il passaggio dalla proiezione di desideri alla reale conoscenza e infine, nell'ordine, l'amore ed il perdono. A questo punto il film si discosta comunque dal romanzo in alcuni punti significativi, scegliendo un finale più edificante e rendendo in sostanza la storia più digeribile per il pubblico cinematografico.Una vicenda intimista ben inserita nel contesto storico della Cina più povera, dove con la devastazione del colera convivono le superstizioni popolari ed i sentimenti antibritannici. E la bellezza imprevista della Cina continentale rappresenta un vero valore aggiunto. Lo stesso si può dire per Toby Jones (ex Truman Capote), sempre bravissimo ed intrinsecamente ambiguo. Preferibile persino al bravo Edward Norton (produttore innamorato di questo progetto da tempo) e a Naomi Watts, più bella e in parte che del tutto convincente.
Buona regia, buona colonna sonora.