TRAMA
L’ex agente dell’FBI Ray è ossessionato dall’omicidio della figlia della sua partner e grande amica Cobb. Marzin, il sospettato arrestato per l’omicidio, viene liberato a causa del suo ruolo chiave come informatore e dei discutibili mezzi usati per ottenere la sua confessione. Dopo tredici anni l’omicidio è ancora insoluto e Ray è costretto a confrontarsi con il suo passato e, in particolare, con l’agente con cui aveva condotto le indagini, Claire, con la quale è rimasta in sospeso una storia d’amore.
RECENSIONI
Premessa doverosa: ha senso fare il remake di un film di grande successo (Oscar come Migliore Film Straniero nel 2010) a soli sei anni di distanza? La risposta sembra inevitabile: no! Tutto, ovviamente, dipende però dal risultato e quindi dalla capacità del progetto di godere di una seconda vita. L'idea di fondo del rifacimento a stelle e strisce, prodotto dallo stesso Juan José Campanella regista del modello di riferimento, quindi, si suppone, ragionato, è quella di cambiare molte coordinate del racconto mantenendone però invariato lo spirito. Quindi, diversa ambientazione, collocazione temporale, anche personaggi, riuscendo però a trasmettere l'ossessione dei protagonisti verso la (propria) verità, il condizionamento della Storia sulle storie, il tentativo di capire il privato attraverso il pubblico e viceversa, con un'ironia più volte sdrammatizzante e una malinconia diffusa ad ammantare non detti e consapevolezze di nuova luce. Se il progetto, pertanto, una sua ragione di essere non esclusivamente commerciale ce l'ha, purtroppo il risultato non è all'altezza delle ambizioni, perché il nuovo amalgama, senza troppi giri di parole, semplicemente non funziona.
Ciò di cui si sente maggiormente la mancanza è un’atmosfera realmente perturbante, un senso di ineluttabilità in grado di rendere accettabili le troppe coincidenze previste dalla sceneggiatura, una visione organica che non si limiti a fare succedere le cose. I personaggi vivono unicamente della definizione con cui sono presentati. Se si accettano Chiwetel Ejiofor come agente dell’FBI cocciuto, vittima di un sistema dove la giustizia trova più di un inghippo, e Julia Roberts (eccessivamente imbruttita) come collega distrutta dal dolore per l’omicidio della figlia, Nicole Kidman supervisore distrettuale presume una eccessiva sospensione di incredulità. Più della recitazione o della fisicità, che comunque un peso ce l’hanno, ciò che latita è proprio una scrittura in grado di caratterizzare i personaggi in modo che possano supportare e dare credibilità ai molti dialoghi. La cornice del film di origine, con la stesura di un romanzo per consentire al protagonista di ripensare a pieni e vuoti della sua vita, riusciva a dare sostanza al parallelismo tra la risoluzione del thriller e il protrarsi di un amore incapace di tradursi in gesti e azione. Nel remake le motivazioni invece scarseggiano e l’incedere è meccanico e privo di solide basi.
Non funziona nemmeno la sostituzione del clima di tensione che si respirava in Argentina nel 1974, alla vigilia della -guerra sporca- che avrebbe represso con la violenza ogni opposizione, con il post 11 settembre e la paura di ulteriori atti terroristici, perché arriva pretestuoso e con poco nerbo (non è sufficiente buttare lì una moschea e una improbabile talpa tra i presunti terroristi). Anche la scansione temporale fa cilecca, perché, di fatto, non si percepisce: la Kidman dopo tredici anni sembra ancora più giovane e la vita che scorre in mezzo ai due filoni narrativi non arriva, dando la sensazione che la vicenda sia ambientata più o meno nello stesso periodo. Del cast si è già detto, con laggiunta che anche nelle prove migliori (la Roberts in primis) l'allure e/o la sua demolizione hanno il sopravvento sui personaggi, inquinandone la credibilità. Per ultimo, lo spettro del film del 2009 è sempre presente, nonostante gli sforzi di rielaborarlo con consapevolezza. Replicare intere sequenze (linterrogatorio del colpevole), o mutilarne altre (il celeberrimo finto piano sequenza allo stadio), finisce per accendere curiosità soprattutto nei confronti dell'originale. Discutibile anche il tentativo di depistare lo spettatore, poco coinvolto in un mistero di cui ignora l'esistenza, con veri e propri inganni; in tal senso lo strumento del finto flashback suona, come quasi sempre accade, scorciatoia troppo facile. Chi varcherà la sala ignaro della genesi del progetto e di ciò che lo ha preceduto (tutto parte dall'omonimo romanzo di Eduardo A. Sacheri) assisterà quindi a un dramma a sfondo thriller un po' scombiccherato, poco teso e senza spunti degni di nota. Gli altri si limiteranno a storcere il naso.