Horror

IL MISTERO DI SLEEPY HOLLOW

Titolo OriginaleSleepy Hollow
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1999
Genere
Durata111'
Sceneggiatura
Scenografia

TRAMA

New York 1799. Ichabod Crane è un poliziotto bizzarro che ha un modo molto personale di risolvere i casi. Ha l’occasione di dimostrare la “scientificità” dei suoi mezzi, nel momento in cui i suoi superiori lo spediscono nel villaggio di Sleepy Hollow dove si sono verificati misteriosi delitti. Le vittime, tutte decapitate, sarebbero state uccise da un misterioso Cavaliere senza testa, terrore di tutti gli abitanti della cittadina. Crane che si rifiuta di credere a quella che giudica una sciocca leggenda popolare, inizia ad indagare sugli omicidi ritrovandosi ben presto catapultato in una specie di incubo che i suoi metodi “illuministi” non basteranno a spiegare. Aiutato da la bella e inquietante Katrina Van Tassel, il poliziotto, porterà alla luce misteri e segreti di un mondo incantato.

RECENSIONI

Fantasy-horror impeccabile: ma dove l'"autore"?

Sarebbe stato un ottimo film, se a girarlo non fosse stato quel genio di Tim Burton. Dove sta la vena lirica del regista, dove quella poetica del diverso che lo hanno consacrato "autore" di rilievo e di indiscussa originalità? L'unica spiegazione è che stavolta Tim Burton ha voluto divertirsi e cimentarsi in un ambiente "nero" che gli è proprio ma con un soggetto "giallo" che non gli appartiene. L'unico elemento "burtoniano" presente in "Sleepy Hollow" e che gli conferisce un minimo di consistenza è l'inadeguatezza della ragione a spiegare "tutto", per il resto una ben assortita contrapposizione tra una regia virtuosa che accentua ancor più del solito la componente visionaria del regista con una "crew" tecnica strepitosa (la fotografia di Lubetzki è una delizia per gli occhi difficilmente spiegabile a parole) ed una sceneggiatura efficace ed appassionante con un tono parodiato di fondo che, soprattutto nel protagonista (uno straordinario Johnny Depp che, anche se deborda un po' troppo nel suo compito di sdrammatizzazione, fa dimenticare la sua opaca prova in La Nona Porta nel quale interpretava un ruolo non distante da questo), dà ironia alla storia prendendo le distanze da un susseguirsi di teste mozzate, tuoni, fulmini, malocchi e tutti gli elementi tipici del genere. L'unico appunto che si può fare dal punto di vista della scrittura, è tutta la parte in flash-back che descrive il trauma infantile del piccolo Crane, che dovrebbe giustificare l'abbandono della fede per i metodi della ragione, sequenze del tutto fuori luogo e pretestuose (nonostante la magnifica resa visiva): non ce n'era proprio bisogno come non si sentiva la mancanza di una spiegazione "a parole" della crisi delle convinzioni del protagonista (una cosa sempre più rara nel cinema è, ahimeé, l'uso delle ellissi). Se convincente è Johnny Depp, un po' annacquata appare Christina Ricci, stranamente fuori ruolo in una parte che si sarebbe detto andarle a pennello, buona per il resto la prova del cast, con una nota particolare per Christhoper Walken, che mostra insospettabili doti horror. In conclusione "Sleepy Hollow" è un buon film di genere che mescola fantasy, horror e giallo con il tono della commedia ma che non è un film dell'"autore" Tim Burton, ma solo del "mestierante" Tim Burton.

Il fascino della favola non fa scintille

"C'era una volta" e "vissero felici e contenti" potrebbero racchiudere idealmente il nuovo film di Tim Burton perche' di una favola si tratta, con un paese che nasconde un segreto, un cavaliere senza testa che se ne va in giro nella notte a giustiziare i malcapitati e un protagonista in cerca di riscatto destinato a svelare l'intrigo. Quello che piu' colpisce del film, pero', non e' tanto la storia, un po' macchinosa e non cosi' appassionante, ne' tantomeno il ritmo, che ogni tanto si inceppa, quanto la grande cura scenografica e la fluidita' dei movimenti di macchina che rendono credibile lo spazio di pura fantasia in cui si muovono i protagonisti. Uno spazio fatato abitato da streghe e malvagi cavalieri dove il cielo sembra velluto e l'inchiostro di una penna piu' che scrivere su un foglio lo dipinge. I protagonisti risultano un po' scialbi e si dimenticano in fretta, malgrado gli sforzi di Johnny Depp per caratterizzare il suo personaggio, a parte uno spaventoso Christopher Walken a cui bastano pochi minuti per restare comunque fisso nella memoria.  Nonostante il fascino della favola nera, solo in pochi momenti (l'incontro di Cristopher Walken con le bambine nel bosco innevato, la terribile incursione notturna del cavaliere senza testa nella casa di una famiglia del paese) l'atmosfera supera i confini delle belle scenografie e riesce a raggiungere e colpire un punto intimo, incerto tra il sogno e l'incubo.

Il gotico sorride

Un grande gioco per tutti, i canoni del genere gotico con l'aggiunta dell'ironia Burtoniana. La cornice è spettacolare: scenografie, fotografia e costumi conquistano in un attimo. E qui si ritrova il vero talento per l'incanto visivo. Nero già dai titoli di testa, neri gli abiti di Depp contro il suo viso pallido, neri il cielo e la foresta, i tronchi degli alberi nella nebbia, neri i cavalli e le carrozze, nero il cavaliere senza testa. E' il trionfo di un genere (celebrato dalle numerose citazioni), eppure è anche la sua contaminazione. Perchè si tratta di una chiara parodia (come dimostra continuamente la recitazione del protagonista). Il sospetto viene subito, prendendo atto dei grandi paradossi di partenza: Johnny Depp (il diverso, il sognatore) scelto per rappresentare la razionalità, e Cristina Ricci (la maliziosa ragazzaccia) come dolce donzella innamorata. E infatti il primo si rivela presto un imbranato pieno di incubi e paure, la seconda un'apprendista streghetta (ma sempre lontana dal suo stile). Ognuno fa bene la sua parte, ed i caratteristi appaiono più appropriati che mai, ma non si può negare che ciò che ruba tutta la nostra attenzione è la confezione, l'atmosfera. La storia molto meno: è un horror che non fa davvero paura (nonostante l'inutile spargimento di sangue), un giallo in cui la scoperta dell'assassino (un po' macchinosa) lascia tutto sommato un po' indifferenti, una storia d'amore non particolarmente appassionante. Un bel sogno quindi, un'evasione che a volte cattura inconsciamente, a volte stanca (negli inseguimenti troppo lunghi). Ma dov'è quello che fa affezionare ad un film? Dove sono la commozione e le emozioni che ci aveva regalato Edward? Inevitabile pensarlo di fronte all'opera di Burton e della sua icona Depp. La prenderemo come un'abile parentesi da grandi incassi, con molto talento e poco cuore.

La superstizione senza testa

Burton rivisita il classico di Washington Irving (1819), portato sullo schermo dalla Disney nel 1949 e in altre tre occasioni (1912,1922,1980). Ritocca il racconto sostituendo l'allampanato maestro con un detective, al centro dell'allegorico confronto fra scienza illuministica e superstizione irrazionale. Secondo l'autore la ragione è utile solo se aiuta a vincere la paura e accetta il fantastico per tentare di spiegarlo. Il metodo della deduzione fallisce nel momento in cui è vittima della superbia, dell'inganno delle illusioni (il simbolico gioco dell'uccello e della gabbia). Depp, ai limiti del grottesco, imita la compostezza di Peter Cushing in modo impostato e innaturale (la ragione non è "naturale" per Burton) e compie un viaggio alla conoscenza di se stesso, tornando un bambino impaurito di fronte all'Inspiegabile (questa è la condizione naturale: i suoi ricordi onirici, che citano La Maschera del Demonio, segnalano un trauma che ha spezzato la magia dell'infanzia, gettandolo nelle tenebre della ragione; il Male non s'identifica con l'irrazionale, che è senza testa, un mero strumento, ma con l'uso malvagio della magia). Il genere "giallo" non è nelle corde del regista (qualche scompenso e banalità nei colpi di scena finali) ma, a livello figurativo, Burton incanta come sempre, cita lo stile "Hammer" (l'incipit "vittoriano", il make up di Walken che richiama il Dracula di Christopher Lee) e, al rosso sensuale e sanguigno di quella serie, preferisce il blu gotico delle tenebre. I sapori macabri non perdono mai di vista lo humour, e ogni entr'acte del Cavaliere è un momento fremente.

Il talento visivo non si discute, l'abilità nel maneggiare la cinepresa neppure (anzi, qui appare migliorata anche se un po' anonima) la recitazione è buona (soprattutto Depp, gli altri timbrano il cartellino con onestà e nulla più) ma Burton conferma quello che è forse il suo più grande difetto: una scarsa attitudine al "raccontare". Anche nei suoi film più riusciti, e "Sleepy hollow" non fa eccezione, fa capolino una specie di apatia narrativa che crea dei vuoti nella progressione drammatica, dei momenti in cui la vicenda diventa poco chiara, macchinosa e alfine noiosa. Certo, il buon Tim sopperisce con quel delizioso gusto del macabro che lo contraddistingue ed è sempre una gioia crogiolarsi nelle sue radure nebbiose, nei suoi cimiteri naïf, nei suoi paesini da fiaba e nelle sue foreste stregate, però dispiace dover ammettere che, di tanto in tanto, lo sbadiglio ci scappa. Peccato.