TRAMA
Al primo incarico nella parrocchia di un paesino messicano, Los Reyes, il giovane padre Amaro inizia il suo apostolato con le migliori intenzioni ma non tarda a scoprire le magagne della sua comunità e ad adattarvisi, fino a un tragico epilogo.
RECENSIONI
Nel Messico, in cui religione fa rima con superstizione, dove sussiste un credo più mariano che cristiano (la famosa Madonna nera di Guadalupe, oggetto di venerazione sfrenata) e in cui i fondamenti del cattolicesimo si mischiano con i retaggi dei culti pagani degli avi, la vicenda del giovane prete tutto ideali e subito fagocitato da un sistema che lo spaventa ma che non si decide a combattere, viene descritta con robusta capacità narrativa, varietà di spunti, senso preciso della rappresentazione. Il peccato potrebbe essere la lussuria ma l'ipocrisia filtra dalle grate dei confessionali, la menzogna sistema ogni cosa, una mano lava non solo l'altra ma anche il denaro dei narcotrafficanti, la politica è bieco opportunismo e quella della tonaca non è da meno. Sullo sfondo la guerriglia, l'ideale puro, il rifiuto delle ipocrisie ecclesiastiche: ma è uno sfondo, per l'appunto, ché in primo piano c'è la finzione, la falsità, il soldo in bustarella, una compassata, e pronta all'uso, commozione per le disgrazie che accadono per poi tornare freschi e tosti al solito magna magna: ci sarà sempre il capro espiatorio da sacrificare sull'altare della pubblica rispettabilità. Il regista Carrera e il suo sceneggiatore fanno ben emergere le caratteristiche del personaggio di padre Amaro, intepretato da un ottimo Gael Garcia Bernal (AMORES PERROS e Y TU MAMA TAMBIEN): il suo umano tentennare tra purezza e compromesso, le sue crisi di coscienza ma anche il suo facile piegarsi all'andazzo senza dimenticarsi dei propri tornaconti (un'ascesa nelle gerarchie ecclesiastiche già decisa dalle alte sfere), dei propri egoismi di fondo. Ma è tutto l'universo di caratteri che gli ruota intorno a essere rappresentato in maniera assai calibrata, il regista spingendo, quando necessario, sull'effetto o sul simbolo schizzato a dovere, con quel pizzico di blasfemia in omaggio palese al maestro Bunuel (l'ostia data al gatto, il manto della Madonna che ricopre i corpi dei due amanti). Tratto da un romanzo di fine Ottocento di uno dei massimi scrittori portoghesi, Eca De Quieroz, il film, anche in virtù della condanna della chiesa locale che ha fatto fuoco e fiamme (e in Italia, assurdamente, è vietato ai minori di 14 anni, quando la tv nostrana trasmette porcherie ad ogni ora), ha avuto in patria uno strepitoso successo: merito di un tema (il marciume del clero) non nuovissimo (il Bunuel messicano, appunto) ma ancora piuttosto audace per un Paese religiosissimo come quello centroamericano.