TRAMA
L’anziano Earl Stone ha coltivato e venduto fiori tutta la vita. A questa attività ha perennemente dedicato le attenzioni e il tempo che alla sua famiglia, invece, non è riuscito a dare. Gli affetti progressivamente boccheggiano; l’occupazione di sempre, un giorno, scompare. E così, all’improvviso, inizialmente a sua insaputa, Earl si ritrova a lavorare per la criminalità messicana come corriere della droga…
RECENSIONI
Aveva 92 anni, l'americano Leo Sharp, quando è morto nel 2016. Nel 2011 era stato arrestato con 200 chili di cocaina. Corriere della droga per uno dei principali cartelli messicani, per anni era sempre riuscito a farla franca. Ma criminale, prima di allora, prima di quell'ultima parte d'esistenza, non lo era mai stato. Tutta la sua vita precedente, infatti, diceva altro: aveva partecipato al secondo conflitto mondiale e ricevuto un'importante medaglia; soprattutto, era stato un orticoltore appassionato e capace, e aveva anche creato, nel '94, un nuovo fiore, il Brookwood Ojo Poco. Una serie di difficoltà finanziarie modificarono drasticamente le cose, e l'anziano diventò così "El Tata". Una storia incredibile, raccontata sul «New York Times» da Sam Dolnick e diventata poi materiale di ispirazione per questo The Mule, nuova regia di Clint Eastwood (tornato a recitare dopo Gran Torino, opera che inoltre, come l’ultima, ha lo stesso sceneggiatore: Nick Schenk).
E non è difficile individuare assonanze - che non sono però reiterazioni - tra il protagonista del film del 2008 e quello di Il corriere - The Mule, tra quel Walt Kowalski e questo Earl Stone, nel modo vicino di vedere il mondo (il proprio, e ciò che gli è straniero, ma Earl ha più leggerezza, più apertura, è animale più sociale), tra le solitudini e le famiglie divise, tra un Eastwood e un Eastwood, così naturalmente simili e sorprendentemente diversi; così come è altrettanto arduo non pensare, ad esempio, all'Old Man & the Gun di Lowery, in cui poco eastwoodiane sono la forma e la consistenza, ma molto lo sono l’America e il tempo che si fa sentimento, in uno strano gioco di riflessi e di opposti tra Earl il corriere e il rapinatore gentiluomo Forrest Tucker, ma ancor più, ad ampio spettro, tra Clint e Robert Redford, due volti e icone, mitologie e ideologie differenti, due Americhe lontane eppur vicine, due Cinema profondamente, ma liberamente, USA.
Per stilare i mutamenti e i cortocircuiti dei nostri immaginari occidentali guardiamo Spielberg e Zemeckis; per conoscere l’America pur non "sapendola", per sentire il tempo senza averlo visto né vissuto, abbiamo Eastwood. La sua sintesi rappresentativa è, in realtà, una questione complessa, mai definitiva: i fiori di Earl, quelli delle sue emerocallidi, nascono la mattina e muoiono la sera. Ma tra un inizio e una fine, un'immagine e l'altra, una realtà e quella dopo, tra ciò che appare e ciò che invece è, questo cinema apre squarci e parentesi, forme di racconto e di vita straordinariamente inclassificabili, mobili, cangianti. Un cinema, un mondo, in cui niente è come sembra, nessuno è come sembra. Earl crede che tutto sia finito per colpa del futuro che lo ha raggiunto, delle nuove tecnologie, del commercio on line, di Internet, degli smartphone come quelli che usavano i tre giovani eroi di Ore 15:17 - Attacco al treno per i loro selfie dall'Europa. Alla fine Earl confessa: “Potevo comprare tutto, tranne il tempo”. Alla fine, macinare chilometri con massicci quantitativi di coca a bordo del suo pick-up e attraversare confini è il ritorno in un luogo in cui non era mai stato. È un film morale, sì, ma non ha nessuna morale da impartire. Dà un nome alle cose ma fisicizza l’ambiguità, la perdita, la malinconia, l’amore e la colpa.
Quanto è intenso, e unico, il cinema di Eastwood quando non ci dà neanche una certezza (e spesso è così che va)! E in questo senso, The Mule è l’ultimo arrivato. Perché, nel suo continuo oscillare, nel suo continuo convertirsi in altro - per quanto la trama e le sue traiettorie, per quanto quello che della storia vediamo si snodi chiaramente -, il film confonde e spiazza, riformula le basi, gli sviluppi: il drammatico diventa commedia e viceversa; il tragico si fa avventura e viceversa; il rischio si stempera in una canzone, il rigore di messinscena si contamina con la levità di sguardo, con un’ironia ora serena, ora irrequieta; la famiglia appare e riappare, il passato e il presente si confondono; un floricoltore fallito si trasforma in figura leggendaria del narcotraffico; un uomo onesto, da sempre padre e marito egoista, diventa criminale e redento. Non è un film perfetto, ma è lucidissimo; è un film ispirato a una storia vera ma trascolora il reale. È un film che non chiede a chi lo guarda di schierarsi, di selezionare, di scegliere, ma di comprendere, anche l’ininterpretabile, l’inverosimile.
Earl/scherza e fa sul serio, aiuta una famiglia di neri rimasti a terra con l'auto e poi li offende senza accorgersene; si congeda da una comitiva di motocicliste lesbiche e inganna un cane poliziotto; passa una notte con giovani prostitute e dopo scompagina i piani: non rispetta gli ordini, mette a rischio la sua vita per cercare di stringere a sé gli ultimi momenti di esistenza altrui. Bradley Cooper è un agente della Dea che lo cerca; Dianne West è la donna della vita, è l'amore che Earl ha ricevuto ma che non ha saputo dare; Alison Eastwood è la figlia di Clint e la figlia di Earl. Il corriere - The Mule diluisce detection ed action in un road movie sensoriale, in un western paradossale nelle pieghe di un mondo che il western non sa cos'è, in un altro viaggio per riprendere il tempo. E, “per quel che può valere, mi dispiace”.