
TRAMA
Due coppie di amici, Matteo e Francesca, Diego e Shary decidono di trascorrere insieme l’estate. Matteo, affermato psicanalista quarantenne, è sposato con Francesca. I due hanno una figlia, Elena, di cinque anni. Diego e Shary, invece, hanno un rapporto passionale ma all’insegna dell’instabilità e hanno un figlio, David, cresciuto negli Stati Uniti dove frequenta il college. Mentre Matteo é riflessivo, Diego è l’eterno ragazzo incapace di crescere. Con l’arrivo di David in Italia la solida apparenza si sfalderà sotto il sole, sempre più bollente, del Circeo.
RECENSIONI
C’è molta carne al fuoco nell’opera seconda di Marco Filiberti (il debutto Poco più di un anno fa – diario di un pornodivo pare sia stato un successo in dvd): l’ineluttabilità del destino, l’incomunicabilità contemporanea, l’irrazionale a squarciare ogni sicurezza, l’amour fou, la quiete non priva di insicurezze della classe sociale borghese. Ma al regista sembra interessare soprattutto che il conflitto tra eros ethanatos volga al melodramma. Esplicita dichiarazione d’intenti è l’incipit a teatro, con una lunga sequenza in cui i personaggi vengono presentati mentre sono spettatori di una rilettura wagneriana del mito di “Tristano e Isotta”. Le ambizioni sono alte e per un po’ ci si illude che la verve iniziale possa essere garanzia di riuscita. In realtà diventa sempre più ingombrante la sensazione che del dramma raccontato, dei legami messi in scena, delle dinamiche comportamentali che animano i rapporti tra i personaggi, si percepisca solo l’apparenza. Come dire, i gesti, le movenze, gli atteggiamenti, imitano la vita ma non arrivano mai davvero a penetrarla. L’impressione diventa certezza con l’entrata in scena del giovane che sconvolge il fragile equilibrio delle due coppie di amici, l’oggetto del desiderio che mette a soqquadro la vita emotiva del protagonista e scatenerà prese di coscienza, passioni e dramma (ennesimo elogio al senso di colpa). Un po’ perché l’interprete Thyago Alves è tanto belloccio quanto inespressivo (e, diciamolo, con i suoi 34 anni decisamente fuori parte), un po’ perché il suo rapporto con gli altri personaggi mette a nudo la vacuità delle caratterizzazioni; in particolare il suo legame con il protagonista non trova fondamento, se non a parole, con la presunta cultura di lui e l’altrettanto presunta voglia di imparare, scoprire e ascoltare dell’altro. La sceneggiatura non riesce così a districarsi nel dedalo di emozioni e peculiarità dei singoli personaggi e anche la messa in scena soffre della superficialità con cui le emozioni vengono impaginate: eccessi nella recitazione, poca spontaneità (i ragazzini sulla spiaggia paiono in perenne posa per la pubblicità di un gelato), la gag a dominare sulla verità dei personaggi (è spesso l’esuberanza di Alessandro Gassman a concludere con brio molte sequenze), dialoghi ricercati, a volte anche piuttosto efficaci (bello quel “io non mento…ometto” detto da una sempre carismatica Piera Degli Esposti) ma non sempre resi con naturalezza. Fino a una chiusa greve coerente con la dichiarata voglia di dramma ma decisamente forzata. In linea, comunque, con l’assenza di approfondimento che limita il possibile respiro della pellicola.

Marco Filiberti ha piu’ ambizioni che talento. Se nel precedente Poco piu’ di un anno fa aveva dato prova di un narcisimo senza eguali, ne Il compleanno si misura con i grandi maestri del melodramma: Visconti e Sirk in primis. Il tragico amore di Tristano e Isotta funge da cornice mitica all’infatuazione dello psicanalista Matteo, tra le cui pazienti figura una Piera Degli Esposti (sic) che “non mente, omette” (sic sic), per lo student-modello David. Alcuni topoi della leggenda bretone vengono simpaticamente declinati. Ad esempio, il calice dell’elisir d’amore diviene un bicchiere di birra sorseggiato dai due futuri amanti sulla battigia a notte inoltrata. Tuttavia, il gioco della seduzione tra l’aitante David e il tormentatissimo Matteo si nutre di gesti e parole difficilmente reperibili nel tardoromanticismo tedesco o nel tardo tardodecadentismo teutonico viscontiano: Matteo che con sguardo lascivo accarezza idealmente il corpo di David sotto la doccia; ancora l’ostinato Matteo, che passa dalla fase scopica a quella tattile e spalma la crema solare sulla schiena del giovine.
Le scelte musicali rivelavo una spiccata sensibilità per gli accostamenti arditi: il sommo Richard ovviamente impera, pur prestandosi a convivere con Iva Zanicchi. Ne eravamo coscenti anche se non volevamo ammetterlo: Wagner sta all’Amore come la Loretta Goggi di Maledetta primaverasta all’Onanismo.
Quanto al cast, il bel Thyago Alves ha due espressioni due : con o senza cono gelato, Alessandro Gassman secerne volgarità, l’intellettuale del gruppo legge Proust perché è l’intellettuale del gruppo, Maria de Medeiros, a cui spetta l’unico frammento minimamente decoroso ma anche la battuta piu’ imbarazzante del decennio (Quando sei giù, anche la torta va giù…), versa lacrime e non attende altro che un’auto la travolga. Cosa, questa, che si verifica puntualmente, nemmeno fossimo in un romanzo di Nabokov.
Non ci è dato sapere quanto il buon Filiberti sia consapevole dell’orrido, quanto le vagonate di cattivo gusto che il suo Compleanno ci regala siano frutto o meno di un certosino recupero degli oggetti più orridi del salotto di nonna Felicita. Il disvelamento dell’arcano non nobiliterebbe tuttavia l’oggetto: Il compleanno, che contiene tra l’altro un segmento a montaggio alternato tra i più indigesti che siano mai stati concepiti da mente umana (il prefinale: un agghiacciante crescendo wagneriano sfociante in un’ “omofania” fatale per la povera Maria de Medeiros), è una sciocchezza che offende l’intelligenza di chi conosce realmente i riferenti letterari, cinematografici e musicali che vengono trivialmente tirati in ballo.
