Biografico, Recensione

IL COLORE DEL MELOGRANO

Titolo OriginaleSayat Nova
NazioneU.R.S.S.
Anno Produzione1969
Durata75'

TRAMA

Biografia surreale del trovatore armeno Sayat Nova (17º secolo): la crescita, l’amore, l’entrata in un monastero, la morte.

RECENSIONI

Quello che Paradzanov considerava il proprio capolavoro fu censurato dal governo e rimontato cronologicamente da Sergej Jutkevic (con un taglio di circa venti minuti, ma dagli anni novanta circola una versione più vicina all’originale): l’opera era accusata, fra l'altro, di formalismo e troppa ambiguità autoreferenziale (alla cultura armena). Per una volta, non si può dar del tutto torto alle autorità: l’ermetismo nella lettura di segni e simboli (conchiglie, rose, pavoni, lo xajkal, il melograno, il pepe nero, i colori rosso/nero/bianco) esulta in una struttura divisa in frammenti non-cronologici e "astratti" sulla vita di Sayat Nova, di cui si tenta di riprodurre (solo) in immagini il mondo poetico. Questi arazzi, lussureggianti dipinti fatti di colori, iconografie sacre e allegoriche, pantomime (con tanto di didascalie che rievocano i sofferenti versi del poeta), canti e musiche tradizionali, sono, presi a sé, magnifici capolavori iconografici, ma assai insoddisfacenti, per non dire snervanti, nella loro funzione evocativa, dove le libere associazioni d'idee, in anarchia avanguardistico/sperimentale, senza chiavi di lettura, compongono solo qualcosa di delirante, criptico e solipsistico. C’è chi sostiene che sia un canto alla religiosità e alle Sacre Scritture: memori del finale de Il Fiore sulla Pietra, in cui Paradzanov negava l’esistenza di Dio, è più probabile ci sia molto sarcasmo sulla vita nei monasteri e sui riti ecclesiastici. Figlioccio dell’Andrej Rublev di Tarkovskij, è progenitore del cinema di Peter Greenaway e per certi versi ricorda anche Pasolini o Carmelo Bene. Sofiko Chiaureli interpreta ben sei ruoli, anche maschili.